martedì 21 agosto 2007

PROGETTO DI UN ROMANZO GAY

Martedì 7 Marzo 2000, ore 19.20: è ora di ricominciare, non si tratta di rimettersi a fare l’analisi del passato, ma di cercare un modo per andare avanti dimenticando tutto il passato, tutti gli sforzi inutili, tutte le proiezioni fantastiche ed emotive che hanno animato bene o male la vita fino a questo punto. Quindi è anche il momento di ricominciare a scrivere, ormai non più i romanzi del ventenne o del trentenne che ha bisogno di conferme e di verifiche e nemmeno del quarantenne che si vuole illudere di aver raggiunto la stabilità o di non aver definitivamente perduto il treno, si tratterà del romanzo del cinquantenne, ma non del romanzo autobiografico o proiettivo che inquina la narrazione, ma di un romanzo completamente diverso, inventato di sana pianta, non desiderato o sognato ma solo inventato, creato dal nulla o quasi, fuori dall’esperienza, se vogliamo non del tutto staccato dall’esperinza e dai desideri ma con situazioni sostanzialmente diverse da quelle dell’esperienza reale. La storia dovrà essere una storia gay, questo è ovvio, ma una vera storia gay, con personaggi che si realizzano per quello che sono, non gay sublimati a livelli vari, non voglio nemmeno scrivere storie di incontri ravvicinati di terzo tipo dove gli incontri in sostanza sono impossibili, basta con queste cose! (anche se è un basta relativo). L’identità dei miei personaggi deve essere gay nel senso più semplice e più diretto, in modo riconosciuto, dichiarato, se in pubblico o in privato non conta o comunque conta poco. L’amore senza sesso deve esere messo da parte per lasciare spazio a una sessualità vera e diretta che non deve essere trasposta su piani metaforici, in sostanza i personaggi potranno riconoscersi solo attraverso l’accettazione o meglio la partecipazione con trasporto ad un rapporto sessuale: quando il sesso condiviso e coinvolgente non è possibile l’amore, almeno in un certo senso, non è possibile. Questo assunto per me è nuovo e sostanzialmente rappresenta un po’ l’opposto di quello che ho pensato in altri momenti della vita, eppure scrivere un romanzo in cui fare l’amore con un altro uomo rappresenti, per il protagonista, l’unico modo di mettere alla prova i sentimenti più profondi dell’altro e di mettersi contemporaneamente alla prova, mi pare oggi una esigenza ineludibile.

A) La dimensione sessuale diretta, vissuta attraverso la partecipazione forte a un rapporto sessuale rappresenta il criterio discriminante. Se la sessualità non è condivisa la persona dell’altro non è accettata in pieno, forse conta ma non la si pone al primo posto, l’emozione di una reciprocità sessuale profonda è almeno la manifestazione di un amore profondo, ne rappresenta la prova del nove, l’elemento determinante, senza il quale tutto il resto rimane in un’atmosfera indistinta tipica di ciò che potrebbe essere ma non è, tipica di forme di estraneità che potrebbero essere superate ma non sono state superate, di fome di condivisione che potrebbero essere totali ma non lo sono, di ciò che non appartiene comunque alla dimensione del realmente e del profondamente condiviso.


In secondo luogo i protagonisti dovranno riconoscersi non attraverso estenuanti colloqui che non sono altro che un nascondersi continaumente, ma attraverso una dichiarazione diretta e semplice della loro omosessualità, e più ancora del desiderio reciproco, dichiarazione pressoché immediata, a parole o attraverso comportamenti espliciti: prendersi per mano tra due uomini non è un gesto qualunque.

B) La dichiarazione di essere gay deve essere rapida, immediata, a parole o con comportamenti che non possono essere fraintesi, le ambiguità estenuanti sono forse il retaggio di un’altra generazione, o della prima adolescenza, di quando si muovono i primi passi e si manca di una esperienza che porti a capitalizzare il proprio tempo mentale.

Si tratterà poi di precisare le modalità di esclusione degli incontri ravvicinati di terzo tipo, dei sì ma, sì però, dei bisex, degli amici/amanti che non sono né una cosa né l’altra, possono o potrebbero essere tutto e invece non sono niente. Qui è il vero problema (essere o non essere?).


C) Il romanzo deve trattare le logiche dell’esclusione e del ghetto, termini tutti e due da prendere in senso positivo, con il termine esclusione intendo dire della esclusione dal gruppo “dei possibili”, ossia di coloro ai quali si rivolgono le attenzioni affettive forti, di coloro che non si riconoscono esplicitamente gay e non fanno una vita dichiaratamente gay, dei possibilisti, dei non dichiarati, almeno dei non dichiarati in dimensione privata. Esclusione non vuol dire rifiuto, si possono mantenere ottimi rapporti ma non si possono costruire rapporti affettivi reciproci e profondi con persone che non intendono fare una loro scelta di reciprocità. La logica del bisex in vario grado rappresenta la possibilità di vivere su due fronti ma nello stesso tempo l’impossibilità di identificarsi con un gruppo chiuso. Anzi il tema della selezione dovrà essere un elemento particolarmente importante sulla seguente linea:

D) Il protagonista incontra una ragazzo del quale potrebbe innamorarsi ma la cosa è incerta, l’altro sembra possibilista ma non si dichiara esplicitamente, il protagonista non si lascia coinvolgere: o si è dentro o si è fuori, la tecnica del né carne né pesce non premia. Potrebbe sembrare la ricerca della solitudine da parte del protagonista ma alla fine deve premiarlo restituendogli il suo tempo e salvandolo da una massa di rapporti “impossibili”. Nell’applicazione della sua logica dell’esclusione il protagonista dovrà essere sistematico e non dovrà avere scrupoli. Il suo non sarà un distruggere ma un evitare di costruire paradossi.

Il libro dovrà contenere altresì un’idea centrale: sapere quello che si vuole, al di là delle indeterminatezze e delle situazioni incomprensibili. E ancora: dove non c’è reciprocità non c’è nulla (questo è un principio che ho imparato da ***, la sua logica in questo senso è molto più diretta a anche tutto sommato più onesta e vera della mia che parte dalle sublimazioni a dal rifiuto di sé in funzione dell’altro [ipocrisia].

All’interno del gruppo gay ci può essere una certa solidarietà, ma anche invidia, incomprensione, non è l’appartenere al gruppo gay che conta ma la dichiarazione d’amore reciproca, il gay interessa perché incarna una possibilità concreta, il cui indice di concretezza teorica è del 100%, l’etero ha una concretezza teorica dello 0%, il bisex del 50%, il non dichiarato, ossia il ragazzo qualunque, ha una concretezza teorica solo del 10%: rimanere all’interno del gruppo dichiarato gay significa avere alta probabilità di incontrare la persona giusta, o almeno la possibilità di una reciprocità con un gay qui è alta. Mi spiego maglio.

Se si volesse sviluppare una teoria della probabilità matematica o meglio del rischio (di sbagliare nell’ambito delle proprie scelte) sarebbe necessario definire alcuni parametri, uno (C [parametro oggettivo]) dipendente sostanzialmente da fattori oggettivi e quindi non dalle scelte sessuali (differenza di età, di ceto sociale, tempo disponibile, ecc.) e un secondo parametro dipendente dall’appartenenza o meno agli etero, ai bisex o ai gay (G [parametro di gruppo]), con una variabilità dipendente proprio dalla posizione del soggetto interessato in quell’area, un terzo parametro dipendente invece dall’attività di ricerca del soggetto che agisce (R [parametro di intensità di ricerca]), in questo modo la probabilità di trovare la persona adatta (P) è funzione di tre parametri: P = C * G * R , questa probabilità a priori deve essere poi moltiplicata per un ulteriore coefficiente (A) (piuttosto aleatorio) legato alla personalità individuale del soggetto, in definitiva P = [C*G*R]*A; definire C è difficile, definire A è impossibile a priori, P è dunque massima quando sono massime sia R che G, per G vale la seguente tabella:


gruppo G

ragazzo comune 10%

ragazzo gay 100%

ragazzo bisex 50%

ragazzo etero 0%


la tabella può sembrare un paradosso ma ha certamente un senso.




Il protagonista del romanzo non deve essere individuabile fin dall’inizio, si seguiranno due o tre storie apparentemente parallele, o anche di più, fra di esse si segnaleranno quelle che hanno in comune elementi simili: rottura con l’ambiente familiare, vivere soli, lavorare in età molto giovane, non dipendere, identificare i propri desideri in modo chiaro, in primo luogo a livello sessuale: scuola sì ma come posto dove si sta e al quale non si appartiene, o meglio come luogo di caccia. L’inizio del romanzo dovrà essere solo descrittivo, i comportamenti dei possibili protagonisti dovranno essere apparentemente simili: sport, politica, niente ragazze, ma niente ragazze per nessuno dei possibili protagonisti: in apparenza sono tutti possibili gay, la loro scelta si dovrà manifestare solo più tardi quando ciascun personaggio si troverà in situazione concreta: ci sarà l’esitante, quello che ci sta... però..., quello che non ci sta però ci vorrebbe stare e poi quello che ci sta e che ci vuole stare: in questo modo si individuano i protagonisti, non il protagonista.

E) Terzo tema la ricerca, come si comincia, dove si cercano le tracce, l’idea del simile che cerca il simile e della impossibilità di altre alternative: per innamorarsi bisogna essere in due e bisogna essere corrisposti sullo stesso piano. La varietà dei segnali, i linguaggi, la selezione, restringere il campo, non disperdere, avere chiari gli obiettivi: il gruppo ristretto come necessità di un luogo protetto in cui i nostri valori siano i valori, questo gruppo ristretto può evolvere verso la riduzione a una sola coppia. Amicizia e amore sono cose diverse anche nel mondo gay, la separazione deve essere netta: l’amore vuole l’esclusività e la convivenza di coppia: mancando questi elementi ci sono ben poche possibilità che si tratti d’amore: non ci si innamora al 50% o anche al 90%: o tutto o nulla! (sembra paradossale ma non lo è).

F) L’ansia non deve essere l’ansia di innamorarsi ma l’ansia di trovare una corrispondenza: la teoria del 10% e le due teorie dell’innamoramento (maggioritario etero e minoritario bay). Non ci si innamora dell’amore né del nostro punto di vista né del modello che abbiamo in mente, ci si innamora di una persona reale, il resto è solo vaneggiare, giocare con i fantasmi, masturbarsi mentalmente pensando a chi non ci pensa affatto. Una volta che è stato messo a fuoco il problema centrale, ossia la ricerca della reciprocità, tutto ciò che svia dalla soluzione del problema deve essere messo da parte, sarebbero bellissime altre ipotesi, ma si tratterebbe di altre ipotesi e basta, mentre la logica del libro deve essere la logica del concreto.

G) Il rischio aids e il terrore della verifica sessuale che comunque appare di primaria importanza.


H) La sessualità diretta è la prova e svela la consistenza e la reciprocità di un amore.


I) Le rinunce reciproche e le rinunce in nome della coppia.


L) La vita di coppia e i rischi connessi (infedeltà e ambiente sociale).


M) I problemi psicologici della coppia gay.



Si dovrebbe anche integrare la prima parte in modo migliore, per esempio i rapporti con i genitori durante l’adolescenza possono essere inquadrati in un rifiuto di dialogo e di apertura da parte del protagonista, o dei possibili protagonisti, non per motivi specifici (nessuno identifica i protagonisti come gay) ma proprio perché non è possibile alcun dialogo serio e i protagonisti ne hanno coscienza: parlare sarebbe solo chiacchierare e fare finta, sarebbe necessario un altro tipo di dialogo ma non ci può essere e quindi non bisogna nemmeno cercarlo: ne può discendere una specie di assioma (teorema di esistenza delle soluzioni e principio di minima azione). Lo stesso discorso vale per la religione che si pone come incompatibile con la sostanza della propria vita affettiva: se la religione non ammette esplicitamente l’amore sessuale tra due uomini, essa mi esclude e quindi mi è estranea perché considera male ciò che per me è non solo un bene ma la condizione fondamentale della vita e quindi anche della felicità, esclude cioè la mia realizzazione vera. Questi principi si estendono nell’applicazione sistematica e successiva fuori della famiglia, alla scuola, nella quale non si cerca una comprensione generica ma si cerca solo il simile che comunque non appare, non perché non ci sia ma perché il luogo non è idoneo.


Rifiuto reciproco protagonista-scuola. L’università sarebbe un luogo ideale di ricerca del simile ma per frequentarla bisogna sacrificare la propria libertà sostanziale: dilemma libertà/università (non come luogo di studio ma come luogo di ricerca affettiva): meglio lavorare subito ed essere indipendenti. Il posto di lavoro, l’umiliazione, le opportunità, i rapporti con le donne e con i colleghi maschi, la strandardizzazione dei comportamenti e il rischio di mescolare lavoro e vita privata, la sostanziale estraneità al posto di lavoro, si lavora cinque giorni dalla mattina alla sera per pianificare un sabato e una domenica da dedicare alla ricerca dell’amore: la discoteca, internet, la ricerca di un contatto specifico, l’anonimato iniziale, gli appuntamenti, i rifiuti, qualche contatto e la regola dell’attrazione: mettere subito da parte le cose che non entusiasmano.


Quanto al protagonista l’irriconoscibilità di esso (o di essi) di cui ho parlato prima mi sembra adesso piuttosto stupida: un protagonista (o due) riconoscibile ci vuole, è un po’ l’archetipo gay, resta il problema se si debba trattare di un solo protagonista o si debba scrivere una storia di coppia fin dall’inizio ma la cosa sarebbe estremamente difficile: la struttura centrata su un solo personaggio appare certamente migliore, più
unitaria, più semplice, ma questo punto dovrebbe essere approfondito meglio per evitare posizioni preconcette e poco significative.


Il fascino di molti scrittori gay seri come Baldwin è innegabilmente legato al fatto che essi non sconfinano facilmente nella dimensione psicologica, cosa che a me capita con troppa frequenza, se ci si tenesse ad una narrazione esclusivamente di fatti, magari significativi, si potrebbe evitare di scadere nello psicologico di bassa lega. Dovrei provare qualche esercizio di scrittura del genere.

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