mercoledì 22 agosto 2007

QUESTI LEONI 1

And since Maurice did not speak, indeed could not, hi added, “And now we shan’t be parted no more, and that’s finished.” E.M.Forster


QUESTI LEONI


ROMANZO GAY 1986

CAPITOLO 1

(I CAPITOLI SUCCESSIVI SARANNO PUBBLICATI IN QUESTO BLOG TRA POCO)



Alle sei di pomeriggio di un caldo giorno di fine aprile, Angelo si stava avviando alla festa di Lucia, s’era vestito con gusto: abito grigio, cravatta lunga di seta blu. Si presentò in orario perfetto, lo accolsero come si conviene, si fecero le presentazioni, Angelo avrebbe dovuto parlare con Lucia, con i suoi amici, andò a fare un giro nel giardino, si stava bene, non c’era nessuno, si sedette su una panca di pietra, i pensieri volavano lontano. Lo ritrovarono, lo portarono dentro, lo costrinsero a suonare il piano. Suonò, ricevette sorridendo dei complimenti di circostanza, di minuto in minuto giungevano altri invitati, seguivano altre presentazioni, poi gli arrivi si fecero numerosi e si fece a meno delle presentazioni. Angelo era annoiato, stanco dei sorrisi e della parole d’occasione, anche il suo vestito era fuori posto fra tanti colori. La sensazione che assaliva Angelo in quei momenti egli la conosceva bene, era semplicemente solitudine. Lucia lo chiamò, lo ringraziò del foulard, poi gli diede un pacchetto in cambio e volle che Angelo lo aprisse, conteneva una raccolta di foto di donne nude, Angelo commentò con qualche risposta ovvia, Lucia fece allusioni a tutto spiano: tu zitto, acqua cheta! ..., dai, così almeno ti tieni in allenamento. Angelo rideva ma quello scherzo ingenuo gli faceva sentire più acuto il senso di teatralità del suo comportamento. Mise in tasca le foto e sprofondò nella sua poltrona, cominciò ad osservare, a spiare quasi, un vecchio vizio, i comportamenti dei presenti. Vide entrare nella sala un ragazzo alto e biondo, poteva avere diciotto anni, Angelo rimase di sasso, voleva osservare il ragazzo, ma senza farsi notare, sperò che la festa durasse in eterno. Il ragazzo biondo era piuttosto schivo, Lucia lo vide, lo abbracciò, lo baciò, lui si fece baciare mentre diceva ciao con una voce un po’ rauca. Angelo aveva udito qual ciao, era una parola magica detta da quel ragazzo. Venne la torta, il brindisi, la distrazione, poi il ballo con le luci quasi spente. Angelo non ballava, Lucia prese per mano il ragazzo biondo, ballarono insieme, il giro successivo Lucia prese Angelo per mano e il ballo fu occasione di discorso.
- Lucia, ti stai mettendo di impegno... eh!
- Hai visto Marco, hai visto che non fanno che guardarlo... è bello sai ... è un mio compagno di scuola, è simpatico, lo sai che ho scommesso che riesco a portarmelo a letto.
- E me le racconti pure queste cose, guarda che io posso pure essere geloso.
- Ammappette quanto sei stupido, quello è uno dei tanti.
Lucia rideva. Angelo si rendeva conto di avere detto la verità senza volere, era veramente geloso, gli dava fastidio che quel ragazzo potesse essere oggetto di scherzo e di contesa, poi continuò:
- Ma guarda che non devi giocare con le persone.
- Ma che, ti sei rimbecillito del tutto? Dagli l’occasione a quello e vedi se non è lui che gioca ... è un’acqua cheta!
Angelo colse al volo quell’espressione che avevano già usato per lui, durante il ballo continuò ad osservare il ragazzo, anzi, continuò ad osservare Marco, adesso sapeva il suo nome. Marco era seduto su una poltrona, in un angolo e osservava, ma la luce era bassa, se da un lato era protettiva, dall’altro impediva di osservare con cura. Al termine del ballo Angelo si sedette nel punto della sala più lontano da Marco, ma lo perdette di vista, Marco non c’era più, Angelo ne fu turbato, lo cercò tra la folla: niente. Uscì nel giardino, da lontano vide Marco seduto su una panchina, ne incontrò lo sguardo per un attimo, un brevissimo sorriso abbozzato, poi Angelo rientrò nella sala, si sentiva strano, sarebbe volentieri uscito per parlare un po’ con Marco, ma aveva paura di non essere opportuno, restava seduto, ma i suoi pensieri erano sulla panca del giardino. Fu coinvolto in un altro ballo con Simona:
- Bel cavaliere mi sono scelta...
- Mh ...
-Me lo dici a che stai pensando? Hai un’aria troppo cupa.
- Cose folli, sto pensando a cose folli.
- Dai, dimmelo, la Lucia ti ha fatto qualche discorso interessante? Che mandrillo! Zitto e mosca.
Angelo si rese conto che anche questo discorso aveva per lui un senso ben diverso. Alla fine del ballo uscì in giardino, ma Marco non c’era più., si sedette sulla stessa panca, il cervello aveva cominciato a girare per conto suo e Angelo tentava di tenerlo a freno, non voleva rientrare in mezzo alla gente, aveva bisogno di stare solo, avrebbe voluto un po’ di coraggio, si sentiva assurdo.
Vide Marco uscire dalla sala e dirigersi verso il giardino, era solo, Angelo sentì che il cuore batteva più svelto, in pochi minuti si era costruita una storia.
- Posso?
- Prego.
- Beh ... come va?
- Mah, insomma, per quello che può essere non c’è male, però a me le feste non piacciono molto.
- E perché?
- Non lo so, non riesco a trovarmi a mio agio, mi sento quasi un estraneo, uno che non c’entra niente, insomma non è il mondo mio.
Marco non rispondeva, ma non era distratto, approfittò di un attimo di pausa per dire:
- A proposito io sono Marco e tu?
- Io Angelo, anzi scusami se ti sto annoiando con tutti questi discorsi stupidi...
- Ma non sono discorsi stupidi, continua.
Angelo si sentiva imbarazzato, il contegno di Marco era inusuale, anzi, stravolgeva le aspettative, Marco doveva essere più giovane di Angelo di quasi cinque anni, eppure aveva in pugno la situazione, non aveva il timore che i giovanissimi hanno verso i più grandi, aveva anzi l’aria di indagare, di interrogare e Angelo si lasciava andare sempre di più, poi ebbe paura.
- Senti, non mi va di parlare troppo di me, sto dicendo sciocchezze a ruota libera.
- Scusa, non volevo metterti a disagio.
- Ma non è questo, è che tu stai a sentire cose che non puoi capire perché non sono tue.
- Mah!
- Senti adesso devi dirmi che pensi.
- Penso che non ho perso la serata.
- Cioè?
- Cioè niente, è solo questo. E poi non mi capiresti... sono parole tue, no? Adesso metti su un po’ di sorriso che dobbiamo tornare dentro prima che ci cerchino.
Rientrarono nella sala, sembrava tutto come prima eppure nulla era più come prima, era cominciata un’epoca nuova, si guardarono intorno come non ci fosse nessun altro che loro due, non erano più soli, avevano entrambi il cuore agitato e colmo di una strana speranza.
Marco era di pochissime parole, si limitava a battute ovvie e ripetute, quando voleva stupire citava brani di canzoni, qualche volta straordinariamente pertinenti, ma spesso solo per distrarre e cambiare discorso, la parte del tenebroso gli piaceva, però gli stavano sempre tutti intorno, era un po’ il mito dei belli senz’anima, qualche volta nell’apparente mansuetudine sembrava cinico, cattivo, non reagiva come la gente si aspettava da lui, parlava di astrologia per introdurre dietro questi discorsi alcune sue volontà di esplorazione profonda. Ma nonostante tutto, anche Marco era turbato dalle poche parole scambiate nel giardino ma con più controllo, con più distacco, con la prudenza dell’esploratore. Rientrato in sala, Marco scherzò con Lucia in modo inatteso
- Voglio ballare con te.
- Dai, vieni.
- No, mica adesso, tra dieci minuti, adesso devo meditare.
- Dai, forza, vieni.
- Va be’, per farti un piacere vengo... ma lo sai che non balli bene, sei rigida.
Lucia lo guardava con aria di sfida ma Marco non ci faceva proprio caso.
- Senti tu perché balli?
- Io per divertirmi, perché tu?
- Mah!
- Cioè?
- Cioè mah! Ma sei ficcanaso tu, come tutti gli acquari.
- E tu di che segno sei?
- Indovina.
- Bilancia?
- No!
- Scorpione?
- No!
... Era finito il ballo e Lucia non aveva nemmeno pensato che stava abbracciando Marco, si era distratta e adesso il tempo era finito. Fu la volta di Angelo, durante il ballo Lucia gli parlò solo di Marco.
- Sai è spaurito, scherza sempre, è tenero come un bambino.
Ad Angelo tornò in mente il discorso della gelosia, evitò di fare citazioni fuori luogo e preferì restare sul banale.
- Ma è intelligente almeno?
- A scuola non è un gran che ma lo coccolano tutti, specialmente la prof. di filosofia e lui sta sempre zitto come un cucciolotto.
- Mh...
Angelo non condivideva quella descrizione, lui aveva timore di Marco, Marco ne sapeva sempre una in più, aveva l’ultima parola. Angelo avrebbe voluto continuare a parlare di Marco ma non era il caso: cambiarono discorso e il ballo finì.
Per Marco trovare informazioni su Angelo era molto più difficile, non ci provò neppure, si chiedeva fino a che ora Angelo sarebbe rimasto lì, avrebbe detto che doveva andare via anche lui e gli avrebbe chiesto un passaggio, sapeva che Angelo non avrebbe mai rifiutato, ma Angelo aveva la stessa idea, il tempo passava, gli invitati andavano via alla spicciolata e loro erano sempre lì. Quando Angelo vide che non si poteva tirare di lungo più oltre, facendo attenzione a che Marco se ne avvedesse, salutò Lucia in modo ufficialmente affettuoso, Marco si affrettò a fare altrettanto, ma incontrò una tale insistenza che fu costretto a restare anche se con la morte nel cuore. Angelo andò via, gli veniva quasi da piangere, poi si sentì assurdo, decise di dimenticare tutta quella serata e le sue maledettissime illusioni, ma dimenticare per atto di volontà è doloroso, girò per buona parte della notte per la città, sentiva un disgusto atroce per tutto e per tutti, odiava Lucia per la sua insistenza stupida, gli aveva portato via la speranza e almeno fosse stato per amore!
Marco si trattenne alla festa, rimase ultimo, Lucia aspettava il momento in cui sarebbe rimasta sola con lui e si aspettava da lui altrettanto. Il momento arrivò, salutati gli ultimi ospiti rientrarono in casa.
- Sono stata benissimo stasera, era la mia serata.
- Me ne sono accorto.
- Senti stai pensando anche tu quello che sto pensando io?
- Vuoi che ti dica la verità?
Lucia era impaziente di sentirsi importante.
- Dai, ti prego, che aspetti, dì.
- Tu non capisci niente.
E nel dire queste parole Marco impiegò lunghi secondi, poi concluse:
- Si vede che non sei mai stata innamorata veramente.
- Ma che vuoi dire? Cioè? Adesso non te la puoi cavare così.
Il tono della conversazione era uscito dallo scherzo, ma il discorso durò poco.
- Io non ho niente da dirti, ciao!
Marco infilò la porta e la chiuse senza fare rumore. Lucia oscillava tra rabbia, disperazione e disappunto, Marco non le sembrava più un cucciolo da coccolare, era autoritario e non ammetteva repliche, dava durissime lezioni d’amore dai confini molto incerti.

1 commento:

Anonimo ha detto...

bellissimo,davvero interessante!!!