giovedì 11 ottobre 2007

ANDY ROMANZO GAY 4/1

Quella che segue è la prima parte del quarto capitolo di ANDY, Romanzo Gay. Andy sente parlare da Marco dei suoi genitori, ha il primo contatto con loro e si trova immerso in un’atmosfera affettiva seria fatta di rispetto e di attenzioni profonde.
Dedico queste pagine a Francesco per ringraziarlo del graditissimo commento.
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La mattina successiva Andy si svegliò per primo, provava la strana sensazione di essere in un altro letto, all’inizio la sensazione era solo quella e solo fisica, poi pensò a Marco che dormiva accanto a lui, lo osservò con amore, si disse che avrebbe fatto di tutto per meritarselo un ragazzo così, che avrebbe dovuto fare il bravo ragazzo evitando di mettere Marco in difficoltà in qualsiasi modo, si rendeva conto che Marco non si sarebbe mai trovato in difficoltà se lui lo avesse trattato con un po’ d’amore. Decise di andare a preparare la colazione senza svegliarlo, sarebbe stato un segno di voler essere alla pari, di non voler perdere l’occasione per un gesto affettuoso. Si alzò cercando di non far muovere il letto, poi uscì dalla stanza in silenzio e chiuse la porta, entrato in cucina chiuse anche la porta della cucina per evitare di svegliare Marco, mise il latte sul fuoco, preparò due toast, il burro e la marmellata, ormai sapeva dove trovare ogni cosa, la colazione fu pronta in un quarto d’ora, Andy mise tutto su un vassoio grande, aprì la porta della cucina, poi quella della camera da letto e vide Marco che lo aspettava seduto nel letto.
- Buongiorno Cucciolo!
- Buongiorno Andy! Hai fatto tutto tu!
- Adesso siediti comodo e facciamo colazione.
Marco si fece servire, divorò la colazione in pochi secondi poi si fermò a guardare Andy negli occhi.
- Lo sai Andy che sei veramente speciale… tu fai di tutto per farti volere bene ma tanto io non te ne posso volere più di così.
Andy strizzò gli occhi e sorrise.
- Dai, Andy adesso stenditi un po’ vicino a me, Birillo! Ti voglio bene!
- Cucciolo dai tuoi quando ci andiamo?
- Come vuoi tu, o in mattinata o prima di pranzo.
- Allora ci andiamo prima di pranzo e adesso stiamo un po’ qui così, adesso perché non mi coccoli un po’?
- Ma tu sei proprio cucciolone cucciolone.
- Sì Cucciolo, mi piace tanto! Io non mi vergogno mica di queste cose, mi piace sentire che sei caldo, che stai vicino a me, che mi accarezzi, io mi posso lasciare andare completamente.
- Andy…
- Sì.
- Ma quando tu ti sei masturbato con quel tipo che cosa è successo?
- Mannaggia, come sei geloso! Mh… però è bello che sia così! Insomma, quel tipo non mi piaceva granché ma forse allora mi sembrava che fosse l’unico che ci sarebbe stato e io avevo una curiosità fortissima, all’inizio io non ho detto di no, lui ha capito e mi è stato appresso per quattro o cinque giorni, io però non gli avevo dato nemmeno il numero di telefono, mi beccava sempre all’università, fisicamente non mi piaceva un gran che ma non era tanto brutto, a un certo punto mi ha fatto proprio una proposta esplicita.
- Ma una proposta di che?
- Proprio che saremmo potuti andare a casa sua a masturbarci insieme.
- E tu che hai fatto?
- Io ho detto di sì.
Marco fece una smorfia e Andy allargò le braccia, come per dire che ormai era successo.
- Ma io non capivo nemmeno bene dove mi stavo cacciando e la tentazione era fortissima, per me era la prima volta in assoluto, insomma siamo andati a casa sua, ci siamo seduti su due poltrone una di fronte all’altra e abbiamo cominciato a masturbarci, ma ognuno per conto suo, poi lui ha cominciato a chiamarmi con nomi da donna, Paoletta mi pare, proprio così, la cosa mi dava proprio fastidio, poi ha detto espressamente che mi avrebbe in... , proprio questa parola, e allora mi sono tirato su i pantaloni e l’ho lasciato con il c.... in mano, esattamente così, ho tirato la porta e me ne sono andato, all’università si è rifatto vivo ma io ero incazzato nero e quando non c’era nessuno gli ho dato un calcio in culo e l’ho fatto cadere dalle scale, esattamente quello che ho detto, quello non era gay, era uno che cercava qualche emozione sostitutiva, poi è sparito e non l’ho visto più, ormai è passato più di un anno, certo a me la cosa ha lasciato dei brutti ricordi… non lo so, … forse no… soprattutto mi è sembrata una cosa stupida, prima pensavo che sarei stato condizionato da una cosa del genere, che non avrei più accettato di fare sesso con un ragazzo o cose del genere ma poi la cosa è passata da sé…
- Ma quello quanti anni aveva?
- Credo una trentina, ma poi si dava arie da bullo, di quelli: faccio tutto io! Proprio uno stronzo completo, e a trent’anni stava ancora all’università.
- Dai Birillo! Adesso pure noi non siamo mica così brillanti!
- Sì, ma io di anni ne ho ventidue, quello ne aveva trenta, io a trent’anni spero di avere finito… poi magari non è, ma c’è ancora tanto tempo.
- Scusa se insisto, ma come ha fatto a capire, a venirti dietro e a convincerti?
- Ma non era molto difficile, voglio dire che io allora ero talmente in rotta con i miei che avrei fatto qualsiasi cosa anche solo per sputtanare mio padre, adesso credo che non lo farei più, ma allora ero proprio io che andavo a cercare le occasioni pericolose, tu mi hai conosciuto adesso, ma due anni fa ero molto più scatenato di adesso, ne facevo veramente di tutti i colori, ma solo quando stavo all’università, mi vestivo strano, attaccavo bottone con tutti, proprio prendendo io l’iniziativa, insomma se uno era in cerca di un ragazzo disponibile, magari… no, diciamo di un ragazzo che poteva sembrare disponibile… su di me ci poteva buttare l’occhio sicuramente, non ero come mi hai visto tu… e no! Ero scatenato parecchio…vestiti colorati, capelli con la gelatina… il piercing no, ma quello era no perché non mi piaceva farmi fare i buchi, non per altro… certo non andavo nei cinema a luci rosse o nei posti di dragaggio… però all’università mi esponevo molto, insomma chi voleva capire poteva capire benissimo.
- Che vuol dire che ti esponevi molto?
- Beh, insomma, te l’ho detto, attaccavo bottone con tutti anche in modo molto disinvolto… che ti devo dire, certe volte certi ragazzi li ho provocati e stuzzicati io in modo sottile, con discorsi ambigui… non so, forse non erano gay o avevano paura, ma se ci fossero stati dei gay, voglio dire dei gay non troppo condizionati dall’ambiente… credo che non mi avrebbero mollato facilmente.
- Mah! Io credo proprio il contrario, non penso che un ragazzo gay apprezzi molto certi modi di fare.
- Ma non sono tutti come te, tu sei un tipo molto particolare.
- E non avevi paura di metterti a rischio? Voglio dire che ti poteva capitare pure qualcuno poco raccomandabile…
- Sì, ma pensavo che in fondo avrei incontrato altri ragazzi più o meno della mia età e che sarei riuscito a cavarmela in qualsiasi situazione, in fondo non avevo paura vera e non avevo mai fatto esperienze veramente negative.
- Ma in quel modo non avevi l’impressione di buttarti via?
- No, perché io che esistessero cose come quella che stiamo vivendo adesso non me lo immaginavo nemmeno, per me l’amore non esisteva proprio, per me esisteva solo il sesso, io le cose le dovevo brutalizzare il più possibile, anche me stesso.
- Ma a te quello ti piaceva?
- Non mi faceva schifo, è vero, ma realmente non lo desideravo, mi interessava l’esperienza, non la persona.
- Ma come si fa a fare sesso senza amore?
- Per te è impossibile, ma per me era possibile solo così, e se la persona che vorresti non la trovi che puoi fare? E poi per innamorarti devi trovare una persona di cui valga la pena di innamorarsi, se non ci fossi stato tu… non lo so, io che potesse esistere un Cucciolo come te non l’avevo mai pensato, nemmeno che potesse esistere una famiglia come la tua. Tu ti credi che i ragazzi sono più o meno tutti uguali, ma non è vero, non è nemmeno un problema di buoni e cattivi sono solo tanti mondi separati e basta. E per le famiglie è lo stesso.
- Andy perché non mi parli un po’ della tua famiglia…
- No, non mi va, non ne voglio parlare, non voglio sprecare il tempo così. E tu? Sesso proprio niente?
- Vedere e non toccare! E pure vedere poco e rubato e soprattutto amore niente, corrispondenza affettiva niente, solitudine, masturbazione e ancora solitudine, praticamente tutto qui. Sognare tanto, vivere poco.
- Ma ti sarai innamorato almeno una volta!
- No! Fantasie tante e tutto quello che viene appresso, ma per innamorarsi bisogna essere in due e io sono stato sempre solo.
- Ma come facevi ad andare avanti?
- In che senso?
- Per il sesso va be’, ti masturbavi, ma proprio per parlare, per non essere solo del tutto…
- Be’ c’erano i miei che mi volevano bene e in effetti ero solo ma non mi ci sentivo o mi ci sentivo soltanto in un certo senso, voglio dire che mi sentivo comunque al centro dell’attenzione.
- Ma non ti dava fastidio che i tuoi sapessero che eri gay?
- No! Forse ti può sembrare paradossale ma i miei hanno sempre avuto molto rispetto per queste cose, non mi sono mai sentito spiato, giudicato… niente di tutto questo, qualche volta se ne parlava, mio padre mi ha sempre fatto delle specie di prediche morali, ma non come pensi tu, mi diceva che quando si vuole bene a qualcuno si fanno delle scelte e che sono cose serie che devono durare tutta la vita, lui sapeva benissimo che io sono gay ma questi discorsi me li faceva lo stesso, voglio dire che secondo lui servivano a mettermi sulla buona strada per costruire un rapporto con un ragazzo, a mio padre non avrebbe dato fastidio che io vivessi una storia come la nostra ma che io andassi a cercare un ragazzo diverso tutte le sere o che volessi cercare di prevalere o di dominare in modo violento, se l’avessi fatto mi avrebbe preso a schiaffi, ma non per il fatto che era un ragazzo ma per la violenza, per la prevaricazione, queste sensazioni io ce le ho nettissime, a me queste prediche di papà sono sempre piaciute tanto, quando si entrava nel discorso io lo stavo a sentire con una forma di coinvolgimento forte. Andy, ho notato che a te certe cose sembrano assurde ma io credo che i miei ti accoglierebbero benissimo, cioè non “credo”, ne sono sicuro!
- E tua madre?
- Be’, mia madre mi ha sempre coccolato di più, cioè non di più ma in modo più esplicito, ma è sempre stata d’accordo con papà, non li ho visti mai litigare, piangere sì, insieme, quando avevano grossi problemi e non sapevano che fare, ma litigare mai, mamma parlava poco ma quando parlava lei papà le dava ragione, se io non ero d’accordo con loro non mi prendevano di petto, erano possibilisti, cercavano di trovare una posizione più conciliante, magari mamma faceva finta di mettersi in mezzo a fare una mediazione ma papà faceva sempre lui il primo passo, anche verso di me, era sempre il primo a cedere, cioè non dovevo essere io ad ammorbidire la mie posizioni lo faceva sempre prima papà. Mio padre quando ero piccolo mi diceva che quando diventi grande e hai una famiglia devi imparare a cedere per primo, poi, da quando ha capito che ero gay, non ha detto più “quando hai una famiglia” ma “quando vuoi bene a qualcuno”. Io dei miei mi ricordo tante cose belle, papà non ha mai allontanato uno che chiedeva l’elemosina, gli ha dato sempre qualche cosa, quando poi vedeva i vecchi, specialmente le donne, gli dava qualche soldo in più e mi diceva che si ricordava di sua madre vecchia e che quando uno è vecchio e povero se tu passi e fai finta di non vedere non pensi che diventerai vecchio pure tu. Quando parlava degli extracomunitari mi diceva che sono povera gente lontana da casa propria, che viene qui per cercare un lavoro e per campare una vita meno terribile, certe volte mi sembra un po’ troppo ingenuo ma certe volte lo ammiro per questo. Papà mi ha sempre detto che i soldi servono per usarli bene. Mamma manda tante offerte agli orfanelli e alle missioni, papà non ha mai fatto nessuna osservazione su queste cose, anzi dice che quelli certamente sono soldi spesi bene… e pure mamma… cerca la parola buona, non ti aggredisce mai, cerca di fare qualche cosa di buono, in concreto, senza tirarsi indietro, qualche anno fa nel palazzo c’era una signora anziana malata e sola, non aveva nessuno, sopravviveva con la pensione e non usciva mai di casa, mamma andava a casa sua tutti i giorni, le faceva la spesa, le puliva la casa, l’aiutava a lavarsi, le comprava le medicine, a me queste cose sembravano eccessive ma lei le faceva e non ne parlava nemmeno, come fossero state la cosa più naturale del mondo, quando hanno portato quella signora all’ospedale, dove è morta, mamma è stata lì e l’ha vegliata per sei notti di seguito, papà le preparava le cose da mangiare e gliele portava in ospedale. Poi la gente ha detto che mamma lo faceva per i soldi, ma la casa della signora è finita a certi nipoti che non si erano mai fatti vivi prima e mamma che sarebbe finita così lo sapeva benissimo fin dall’inizio, le hanno detto che era stupida e che si era presa una gatta da pelare che le avrebbe creato solo rogne e qui nel palazzo è passata per stupida davanti a tutti, ma lei è andata per la sua strada e papà è stato l’unico a dirle che stava facendo una cosa come si deve. A me tutte queste cose mi sono rimaste dentro, io non vado sempre d’accordo con i miei però sono persone che mi piacciono, forse sono un po’ ingenui ma hanno una dignità, qualche cosa me l’hanno insegnata veramente.
- Si vede, Cucciolo! Accidenti se si vede! Non so che dire… ti invidio, adesso mi hai detto dei tuoi tante cose così belle che mi hai fatto venire voglia di conoscerli.
- E perché non ci vieni? Anzi, se io non ti presentassi ai miei loro la prenderebbero male, sì, avrebbero l’impressione che io non li voglio coinvolgere, per loro il fatto che ci sei tu è come se io mi fossi fidanzato e a loro piacciono i fidanzamenti a casa.
- Va be’ ma io penso che mi vergognerei, non lo so, ma credo che non sarebbe poi una situazione tanto facile.
- Sai che mi sta venendo in testa?
- No.
- Che a prendere il pranzo ci possiamo andare anche adesso… se vuoi.
- Va be’, ma non mi coinvolgere troppo!
- No, io salgo a casa e tu mi aspetti in macchina.
Si prepararono e andarono a casa di Rocco e Rosa, Marco parcheggiò e salì a casa, Andy uscì dalla macchina e cominciò a passeggiare vicino al portone, poi si sentì chiamare.
- Andy!
Andy si girò verso un balcone del primo piano e vide Marco che gesticolava e gli faceva cenno con la mano, ma non era solo, c’erano anche Rocco e Rosa che lo salutavano con la mano, Andy fu naturalmente portato a rispondere al saluto, poi i tre rientrarono e dopo qualche minuto Marco uscì dal portone con una grossa sporta in una mano e con un sacchettino nell’altra.
Marco sistemò la sporta nel portabagagli e passò il sacchettino a Andy.
- Qui c’è il caffè col cornetto, te lo manda mamma.
- Grazie! Non me lo aspettavo.
- Lo sai che hanno detto adesso che ti hanno visto almeno da lontano?
- No, che hanno detto?
- Che sei un bellissimo ragazzo e che sei simpatico e educato.
- Ma va’! Non mi sfottere!
- Ma è proprio così.
- E a te che t’hanno detto?
- Che mi vedono contento e che ti devo volere bene veramente.
- Ma tu mi stai sfottendo!
- Te lo giuro, è tutto vero!
- Aspetta un attimo!
Andy scese dalla macchina e si avvicinò al portone, suonò a casa di Rocco, Rosa rispose al citofono. Nel frattempo Marco lo aveva seguito.
- Pronto!
- Sono Andy, volevo ringraziare per il caffè e per il cornetto.
- Ma di che? Il piacere è nostro! Quando vuoi vienici a trovare. Marco ci ha detto tante cose belle di te…
- Ringrazi anche suo marito! Andy mi ha detto cose così belle di voi che mi hanno commosso.
- Andy! Dio ti benedica! Grazie, Bello, Grazie.
- Ancora grazie a voi e arrivederci.
Quando tornarono in macchina Andy guardò Marco con gli occhi un po’ umidi.
- Ammappete! Ma sono veramente una cosa incredibile!
- Ma io lo so benissimo…
- Marco!!! Ma tu hai tutte le fortune: prima una famiglia come la tua, poi incontrare me… ma che vuoi di più?
- Di più non voglio proprio niente.
- Sai Cucciolo che mi sta venendo un po’ di malinconia perché oggi pomeriggio devo tornare dai miei, questo fatto mi rovina tutto il sogno. Marco! Non voglio tornare a casa mia, voglio essere adottato! Sto così bene adesso che non vorrei andarmene più. Dai, adesso a casa a goderci queste poche ore! Ah! Il test dell’aids lo facciamo domani mattina, c’è un centro vicino casa mia.
- Ok! Andy, lo sai che più ti conosco più mi sento innamorato perso?
- Ma perché? Io non ho fatto nulla!
- No! Tu hai chiamato i miei al citofono e mi hai fatto felice e hai fatto felici anche loro! E questo l’ha fatto il mio Andy, il mio Andy non è un ragazzo come gli altri, è proprio unico! E’ meraviglioso… adesso non ti posso baciare in mezzo alla strada ma credimi mi sento così leggero che potrei volare.
- Cucciolo… io non voglio tornare a casa mia, voglio essere adottato! Sto troppo bene così!
A casa rimasero abbracciati sul divano per delle ore a guardarsi negli occhi, ad accarezzarsi, a coprirsi di baci le mani e il volto, a carezzarsi i capelli, a rimanere in silenzio e a occhi chiusi l’uno tra le braccia dell’altro. Apparecchiarono la tavola intorno a mezzogiorno, Rosa aveva preparato tutto: la lasagna, l’arrosto di maiale, le patatine al forno, i piselli, la macedonia e due fette di torta, c’erano perfino due bottigliette con il caffè già pronto e una bottiglia di vino rosso. In fondo alla sporta c’erano anche tre piccoli barattoli di vetro con l’etichetta scritta a penna.
- E questi che sono?
- Ah queste sono le manie di papà, queste sono per te, me l’ha detto espressamente che te le dovevo fare assaggiare, sono melanzane sotto olio, pomodori secchi sotto olio e capperi fatti da papà.
- Fatti proprio da lui o solo imbottigliati?
- Be’ solo imbottigliati, ma c’è il pepe, la noce moscata, l’alloro, il rosmarino, la menta… è un poema di sapori.
- Me ne metti due pezzettini in un piatto?
- Ecco, così per assaggiare, poi ti prendi quello che ti va.
- Mh! Ma è tutto profumo! Sono buonissimi!
Il pranzo fu rituale, piuttosto lento, Andy assaporava le pietanze e ci sentiva qualcosa di familiare, si rendeva conto che erano state preparate con cura, con amore, che in qualche modo contenevano un messaggio che i genitori di Marco volevano trasmettere al figlio, ma quel messaggio ormai si era esteso anche a lui, non si sentiva un estraneo e la sensazione gli appariva nello stesso tempo nuova e gradevole. Verso l’una si rabbuiò e cominciò a guardare l’orologio in continuazione.
- Cucciolo, mannaggia, alle due me ne devo proprio andare!
- Ti riaccompagno io!
- Grazie, così posso stare altri venti minuti… Cucciolo… voglio essere adottato! Non voglio andare a casa mia!
Alle due e venti uscirono insieme, sotto casa di Andy si abbracciarono in strada e Andy girandosi tantissime volte indietro salì a casa sua. Marco era malinconico, lasciare Andy gli costava moltissimo, girovagò un po’ senza meta, non tornò alla piccionaia ma se ne andò a casa dei suoi.

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