venerdì 12 ottobre 2007

VECCHI GAY ESSERE GAY NEGLI ANNI 40/50

Conversazione registrata il 14/1/2005

Protagonisti :
A) Giuseppe, Gay di 71 anni
B) Armando, Gay di 73 anni
C) gayproject

C) Prego, prego, accomodatevi, intanto grazie per avere accettato...
A) Ma stai zitto va’ che lo sapevi benissimo...
B) E certo che lo sapeva, a noi ce l’aveva detto già Luigi...
C) E’ Luigi che ha combinato tutto, io gli avevo chiesto se voi potevate essere disponibili...
A) Almeno, sai... e noi che dobbiamo fare... tanto non è che noi dobbiamo lavorare... noi dobbiamo solo aspettare che arriva l’ora... e basta...
B) Giuseppe ma stai zitto! ... Ma sempre queste cose devi dire? E dai!
A) Mo’ statti zitto e facciamo parlare a lui... ma scusa eh... ma che ci devi fare con questa cosa? tanto non gliene frega niente a nessuno...
C) Questo lo dite voi... vabbe’, ma mo’ non perdiamo tempo, quando siete pronti cominciamo...
A) Io sono pronto...
B) Sì, vai vai...
C) Vorrei chiedervi innanzitutto di presentarvi con parole vostre, avete tutto il tempo che volete... comincia tu Armando...
A) ... Allora mi chiamo Armando, sono del 32, tengo 73 anni, sono meridionale, di Foggia, i miei contadini erano, insomma non è che se la passavano tanto bene, eravamo 4 figli, papà lavorava in campagna, tenevamo un pezzo di terra e campavamo così... sai, le galline, tenevamo il maiale... i fichi, un poco di grano e si campava, quando io facevo la terza elementare è scoppiata la guerra... che io stavo da una zia a Foggia per studiare... e sono cominciati i guai: soldi niente, quello che facevamo in campagna se lo portavano all’ammasso, galline non ne tenevamo più, papà è andato in Africa e non ne abbiamo saputo più niente... che mica era come adesso... che stanno tutti i telefonini... allora con ci stava niente... papà e morto nel 42, in guerra... ma noi l’abbiamo saputo alla fine del 43... quando io tenevo undici anni, mamma, povera donna, che poteva fare? ... che noi quattro eravamo, quella si ammazzava in campagna e poi la sera faceva le maglie... ma noi non è che tenevamo tanto da mangiare e poi sai fino al 46 stavamo proprio male... abbiamo fatto proprio la fame, io alla scuola non c’ero andato più e avevo cominciato pure io a lavorare in campagna però si campava male. Dopo il 46, quando sono venuti gli americani le cose un poco sono cambiate... ma c’era pure tanta miseria... allora, nel 46, quando tenevo 14 anni non è che mi potevo mettere a pensare all’amore... che si doveva campare... io proprio non ci pensavo alle altre cose... Nel 48, quando tenevo 16 anni ho passato l’esperienza brutta, mo’ non so se la devo dire o no... be’... insomma ... stava lì uno dei capi, quando stavamo a lavorare in campagna, questo prima m’aveva dato una pagnotta e un fiasco di vino e poi voleva che io andavo con lui, ma io non ci volevo andare, ma sono venuti lui e altri due e non c’è stato niente da fare e ci sono dovuto stare per forza, m’hanno caricato di botte e poi hanno fatto quello che volevano loro... Madonna mia come mi sono sentito dopo... ma manco ai cani una cosa simile, quelli erano come le bestie... io tenevo paura ma quelli ti potevano proprio ammazzare... e io non sapevo che fare... e che fai torni a casa e lo dici a mamma... ma tu te lo immagini? ...Ma io poi là non ci volevo tornare più, volevo andare ai carabinieri, ma tenevo paura che quelli poi si vendicavano sulla famiglia, hai capito? E non li ho denunciati... ma io una soluzione la dovevo trovare... ma allora tenevo solo 16 anni... allora sapevo che c’era uno del paese di papà, un mezzo parente nostro che teneva una cava di tufo... e l’ho detto a mamma per non farla preoccupare e me ne sono andato a piedi fino al paese, ho fatto 40 chilometri a piedi, e a sono andato alla cava, là stava una polvere che non ti dico... sai con i mezzi di allora... e quello m’ha pigliato a lavorare là, ma pigliavo meno di quello che pigliavo in campagna, però erano gente onesta... da mangiare non ce ne stava per nessuno e io là dentro ero il più piccolo... e quello che potevano gli altri me lo davano a me... e io campavo così, uno di là dentro, penso eh... non lo so... ma penso che uno di là dentro pure mi aveva messo gli occhi addosso... ma era un’altra cosa... qualche cosa c’era, mi trattava bene ma non è che ha mai fatto proposte... insomma forse io pure un poco di corda gliel’ho data... ma insomma non è successo niente... e che potevo pensare all’amore in un posto come a quello? Qualcuno là degli operai era pure un bel ragazzo... però, che vuoi fare... mica mi potevo arrischiare... ah! Una cosa... io ero gay, mo’ che parola che ci siamo imparati... tutta roba americana... e va be’... insomma ero gay pure prima che quelli facessero quello che hanno fatto... ma io non avevo dato mai corda a nessuno quando stavo in campagna... quelli erano proprio loro che erano delinquenti... alla cava no! Là a qualcuno un poco di corda gliel’avevo data pure io... io stavo sempre solo... eh! Che poi alla cava quelli che tenevano famiglia la sera se ne tornavano a casa e quelli come a me, stavano la pure la notte... ci stava un capannone di lamiera e stavamo la sotto tutti quanti, ma eravamo quelli giovani... 18/20 anni così... tu qualche cosa la potevi pure vedere, che non è che vi vergognavano tanto... però insomma non è che ti potevi mettere a fare le cose tue in faccia a tutti... quando dovevi fare quello che tutti i ragazzi lo fanno te ne dovevi andare fuori la notte, dicevi che dovevi fare i bisogni e ti stavi fuori cinque minuti... così era... Insomma sono stato sette anni a lavorare alla cava, fino a 23 anni... nel frattempo i fratelli miei s’erano fatti grandi... quelli erano tutti più grandi di me io ero il più piccolo e lavoravano già... allora ho sentito che si poteva andare a lavorare al nord... era l’estate del ’55, io non tenevo né arte né parte, ma ci stava uno di Milano che stava cercando persone per lavorare là... che lui teneva una fabbrica... mi sono legato la valigia di cartone e me ne sono partito per Milano... allora poi arrivare da Foggia a Milano era come andare al polo nord... arrivo la, una cosa che non capivo niente, me ne vado all’indirizzo della fabbrica di quel signore, una cosa piccolina ma una fabbrica vera... e chi ti trovo che faceva la fina davanti alla porta? ... A questo mi trovo... mi trovo a Peppino mio! Io tenevo 23 anni e lui ne teneva 21, appena appena maggiorenne, che allora si diventava maggiorenni a 21 anni... me lo guardo, lui mi guarda e mi fa un sorriso... Madonna mia... che là nessuno m’aveva fatto un sorriso... e lo vedi come siamo noi... io sono proprio meridionale e lui era il ragazzo del nord.. biondo con gli occhi chiari... io non l’avevo mai visto uno così... un tedesco sembrava... be’ insomma era bello... e mo’ il resto glielo fai raccontare a lui...

B) Io mi chiamo Giuseppe A. ho 71 anni, un po’ mal portati... sono nato in un paesetto vicino Padova... e allora il Veneto non era il Veneto di oggi... allora c’era la miseria nera. Io sono del 34... eravamo 9 figli, io ero il quinto, proprio in mezzo, ma nel 44 la famiglia mia è stata distrutta, non dalla guerra ma dalla polmonite, è morta mamma e 4 fratelli, due più grandi e due più piccoli di me, mio padre era morto due anni prima e a 10 anni sono andato a fare il garzone di latteria per guadagnare due soldi, partivo la mattina prestissimo, alle cinque, e dovevo accompagnare il padrone che andava per le stalle a raccogliere il latte. In pratica per me solo lavorare... altro niente... a 16 anni m’era sembrato che mi piaceva una ragazzina... ma io non capivo niente... vedevo che lo facevano tutti e pensavo che lo potevo fare anch’io... insomma quando lei m’ha detto che ci sarebbe stata io le ho detto che non era una ragazza per bene e che io volevo sposare una ragazza illibata... insomma, facciamola corta! E’ stata la prima balla che ho raccontato... Perché io l’avevo visto che non mi tirava a pensare alle ragazze, mentre invece ai maschietti sì... eh! Va bene... da noi una cosa interessante c’era... che i ragazzi andavano tutti a fare il bagno al fiume... e lì costume non ce n’era o almeno molti non ce l’avevano... si faceva la nuotata e poi ci si asciugava al sole e non erano mica ragazzini piccoli... no, no... c’era dai 16 ai 20 e pure di più... praticamente sono stati gli anni più belli della mia vita... lavoravo da cani, mi pagavano poco ma di ragazzi nudi ne vedevo tutti i giorni... certo dovevo stare attento... perché, tu lo sai eh... che succede quando ti trovi in una situazione del genere... ma io mi ero organizzato bene... insomma guardavo senza farmi vedere, c’avevo proprio i posticini miei, me li ero proprio studiati... e be’, e che vuoi fare? Se c’è la spinta si aguzza l’ingegno... poi nel 55 m’hanno mandato a Milano e lì ci siamo incontrati... ecco, in breve questa è la storia...

C) E a Milano che vita avete fatto?
B) E chiaro... sempre la vita dei morti di fame: in quattro in una stanza coi letti a castello, la sveglia alle cinque del mattino e il rientro a casa, se la poi chiamare casa, alle cinque del pomeriggio. In pratica vivevi solo la domenica... il resto lavoravi e basta!
A) Lo vedi mo’ come s’è fatto vecchio! Quello quando doveva uscire con me si faceva bene bene la barba, si metteva a posto i capelli... che allora ce li facevano portare cortissimi, perché alla fabbrica i capelli lunghi non li potevi tenere e s’era comprato pure una bottiglietta di lavanda, una piccola, che costava poco, però se ne veniva tutto profumato... e qualche volta andavamo al cinema, uscivamo tutte le domeniche e stavamo a chiacchierare tutta le sere ma prima di arrivare a capirci ci abbiamo messo più di un anno... allora era difficile, molto difficile e la storia l’ha cominciata lui... lui si credeva che era uno fine e se n’è uscito proprio secco secco... “ma tu per quelle cose là come fai?” Io non avevo capito niente, avevo pensato per fare i bisogni, e gli ho detto che andavo alla latrina... che quando ci sta la necessità uno non è che si può trattenere... e lui poi m’ha detto: “Ma quando lo fai a che cosa pensi?” ... E a che cosa dovevo pensare? Non lo so io, ma tu quando vai la gabinetto a che cosa pensi? ... e allora lui mi dice che lui quando lo faceva pensava a un bel ragazzo... e io dicevo: “Ma questo che dice? Fosse un poco fuori di cervello...”, poi m’ha detto: “Ma non è che tu quando fai certe cose pensi alle ragazze?” E allora a me mi s’è accesa la lampadina... allora ho capito! ... L’ho guardato fisso fisso e gli ho detto: “Non ho capito bene, scusa, puoi ripetere?” E lui ha detto: “Niene, niente, è cosa da niente...” e allora gli ho preso la mano e gliel’ho stretta e gli ho detto: “Peppì... e a quale ragazzo pensi quando fai quelle cose?” E lui m’ha detto: “Quello sei tu... però...” e stava cominciando col però... che quello è l’uomo del però. Io gli ho detto: “E lo sai a chi penso io quando faccio quelle cose?”. Lui m’ha detto “A me...” e qua ho fatto proprio una cosa da delinquente... gli ho detto: “No!”... Madonna mia come c’è rimasto male... però poi ho aggiunto subito: “Però da oggi comincio a pensare a te... se a te sta bene!”, lui m’ha detto: “Veramente?” e io gli stretto la mano forte forte... ecco così è successo. ... Mo’ però facciamo una pausa... ripigliamo dopo, mo’ mi sono stancato un poco, la vuoi una cosa bere?

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