domenica 1 luglio 2012
OMOSESSUALITA’ E SPORT
Quanto
chiasso si è fatto per le dichiarazioni di Cassano sugli omosessuali!
Però quelle dichiarazioni rappresentano la realtà del mondo dello sport
molto meglio dei discorsi apertissimi di tanti illustri personaggi gay
che parlano di omofobia come di una cosa eccezionale. Ti racconto la mia
storia, io sono un calciatore, niente campioni, solo un calciatore non
ti dico nemmeno a che livello gioco, non è bassissimo e qualche
soddisfazione me la dà anche economica, d’altra parte ho sempre cercato
di darmi da fare, anche da dilettante, nella speranza di poter fare il
grande salto che è un po’ il sogno di tutti i ragazzi, un saltino l’ho
fatto, sono ancora giovane e continuerò a impegnarmi salvo poi a
ritrovarmi tra qualche anno con un pugno di mosche ad aver buttato via
gli anni migliori della mia vita correndo appresso a un pallone e a
tanti sogni. Project, tanto per farti entrare un po’ in atmosfera, per
mandarti questa mail ho creato un indirizzo di posta temporaneo di
quelli che dopo l’invio si distruggono, così non lascio tracce di nessun
genere. Lo so che tu non metteresti mai in crisi nessuno ma io non
tollererei nemmeno l’ombra dell’idea di poter essere messo in mezzo per
questa mia mail, non è una mancanza di fiducia ma è che io sono proprio
fatto così e mi fido solo di me stesso. Quando andavo ancora a scuola,
appena finite le lezioni prendevo il treno e me ne andavo agli
allenamenti, mai una pizza con gli amici, ma una vacanza, dieta stretta e
esercizio fisico fino a non sentirmi più i piedi. Ero gay anche allora,
è ovvio, ma cercavo di non pensarci, non mi vergognavo di essere gay ma
percepivo che come gay non avrei fatto un passo avanti. Sono passati
alcuni anni, io sono passato a una squadra calcisticamente non male,
poco dopo è arrivato in squadra un ragazzo che non conoscevo, non so
perché ma mi è stato subito simpatico. Nel nostro ambiente, anche se
sembra strano, non si parla quasi mai di ragazze, c’è molto lavoro
tecnico e l’ambiente è esclusivamente maschile e non pettegolo, anzi
siccome sono tutti ragazzi che sperano di fare strada e di farsi notare
sono tutti estremamente controllati e attenti a non dire sciocchezze.
L’allenatore ha sempre ragione e la subordinazione è la regola, se non
dici sissignore ti steccano, proprio ti tagliano le gambe. Se chiedi a
uno di noi che cosa pensa della squadra ti risponde da manuale, ti dice
quello che si deve dire e non fa trapelare per nessun motivo quello che
pensa veramente, che qui non interessa a nessuno. Abbiamo anche lo
psicologo della società la cui unica preoccupazione non è se stiamo bene
o male ma solo che sappiamo rispondere in tutte le situazioni secondo
il manuale delle giovani marmotte, cioè delle giovani promesse del
calcio. Ci ha pure dato una specie di manualetto delle risposte standard
da ripetere, possibilmente fingendo la massima spontaneità, in ogni
situazione. Proprio la programmazione del robot per evitare che dica
scemenze. L’accento è sempre sul fatto che la nostra vita privata deve
rimanere fuori dei cancelli della società, perché in squadra conta solo
il gioco e solo come salire in classifica. In pratica tra i tanti
argomenti dei quali secondo il manuale dello psicologo non si parla, il
sesso è il primo della lista, poi c’è la politica. Il ragazzo nuovo
arrivato non era molto abituato alle ipocrisie del nostro ambiente di
club e si comportava come se stesse in un gruppo di amici, cosa molto
pericolosa, cioè rideva, scherzava, tutte cose che ci hanno insegnato
essere segno di poca professionalità. Il ragazzo nuovo si trovava molto
bene in particolare con uno di noi, ma, ti dico, una semplice simpatia,
credo proprio che nessuno ci avesse fatto caso salvo io, perché il
ragazzo nuovo mi piaceva parecchio. Tra l’altro era anche bravo a
giocare e delle prospettive vere poteva averle. Il mister lo aveva
notato e lo teneva sotto pressione. Ho letto spesso della paura che i
ragazzi gay possono avere di andare in erezione nello spogliatoio o
sotto la doccia ma devo dire che magari una paura del genere ce la può
avere un ragazzo che va in palestra o gioca con una squadra di amici, ma
per uno che gioca al mio livello queste cose non esistono proprio, noi
siamo ossessionati dalla professionalità e stiamo costantemente sotto
l’occhio del mister e il condizionamento è così forte che avere reazioni
sessuali è assolutamente impossibile anche per un gay. Lo spogliatoio
per me, ormai da anni, non ha assolutamente nessuna valenza sessuale,
farsi sorprendere poi a osservare un compagno di squadra nello
spogliatoio sarebbe un errore imperdonabile. Qui lo psicologo ci dice
tutto quello che dobbiamo fare o non fare con le ragazze quando ci sono
le partire, e che tutti sono etero è dato assolutamente per scontato,
che ci siano ragazzi gay in squadra è pure possibile ma certamente
nessuno si metterebbe a rischio di giocarsi la carriera per una cosa del
genere. A fine campionato pensavo che il ragazzo nuovo sarebbe rimasto
in squadra o che addirittura avrebbe potuto aspirare a qualcosa di
meglio, invece lo hanno ceduto ad una società di nessun prestigio. Ho
notato che nessuno, dico nessuno, ha fatto commenti, qui, d’altra, parte
le decisioni della società sono come la volontà di Dio, si accettano e
basta. O meglio se si possono fare pressioni si fanno eccome ma di
nascosto e tramite amici potenti e la faccia in pubblico si salva
sempre. Francamente c’era qualcosa che non mi tornava
nell’allontanamento di quel ragazzo ma secondo le regole non scritte
della squadra le consegne erano: zitto e pensa solo ai fatti tuoi!
Comunque mi ero messo in mente di capire che cosa ci potesse stare
sotto, ai miei compagni non lo potevo chiedere, al mister ancora meno,
l’unica strada percorribile era chiederlo direttamente all’interessato.
Per telefono no, bisognava parlarci direttamente, e poi quel ragazzo,
come ho già detto, non mi era indifferente e il fatto che avesse fatto
comunella con quell’altro ragazzo della mia squadra mi aveva dato
fastidio anche se mi ero guardato bene dal darne anche il minimo segno.
Un giorno, dopo averci pensato mille volte e avere programmato tutto nei
minimi dettagli, ho fatto una mossa che poteva essere rischiosissima ma
che per fortuna nessuno ha notato. Quando non avevo partita sono andato
a vedere giocare il ragazzo che aveva cambiato squadra. Può essere
pericoloso perché ci sono anche i fotografi, sono fotografi di
giornaletti di provincia ma ci sono e magari c’è il rischio di finire
sul giornale e qualcuno che ti conosce pensa: e questo che ci faceva li?
Insomma, dopo aver fatto un piano di battaglia degno della FBI, vado a
vederlo giocare, lo aspetto dopo la partita, quando mi vede mi sorride e
ne resto molto colpito, gli chiedo se gli va una pizza, si vede che è
contento. Ce ne andiamo in macchina in un paese vicino, ci mangiamo una
pizza e niente birra, come vuole il nostro codice, e poi ce ne andiamo
in macchina a parlare, mi chiede perché ero andato a vederlo giocare e
gli dico che il fatto che lo avessero ceduto così alla chetichella non
mi tornava, qui lui è stato molto in imbarazzo, poi mi ha chiesto se si
poteva fidare veramente di me e gli ho risposto che se avevo fatto tanti
chilometri per vederlo giocare un motivo serio ci doveva essere, ed è
stato lì che mi ha detto che era gay, era talmente in imbarazzo che gli
ho dovuto dire subito che ero gay anche io e ha sgranato tanto d’occhi
perché proprio non se lo aspettava, poi mi ha raccontato del ragazzo
della mia squadra di cui si fidava tanto e in pratica mi ha detto che
aveva detto a quel ragazzo che era gay e che lui sospettava che quel
ragazzo lo avesse detto al mister. Ha detto che non aveva prove ma che,
dopo, il comportamento di quel ragazzo era cambiato, era diventato
sfuggente. Io dovevo tornare a casa e stavo a parecchi chilometri di
distanza e anche lui doveva tornare nella stanza dove viveva. Ci siamo
salutati con un abbraccio strettissimo, poi lui mi ha detto con un certo
timore. Ci rivediamo? Gli ho detto: Certamente! E ci siamo scambiati i
cellulari ma li abbiamo registrati sotto nomi diversi dai nomi veri. Poi
sono tornato a casa. La sera che ci siamo dichiarati non ci siamo
nemmeno toccati, nemmeno presi per mano. L’indomani sono tornato in
squadra ma per me la vita era cambiata e penso fosse lo stesso anche per
lui. Adesso non avevo solo la prospettiva di crescere calcisticamente
ma avevo un ragazzo a cui pensare ed era una ragazzo che non solo mi
piaceva ma che rispettavo e apprezzavo umanamente moltissimo. Un ragazzo
qualsiasi quando ha un ragazzo è libero di vederlo quando vuole, o
almeno di vederlo spesso, per me non era così, le possibilità di vederci
erano minime, in pratica potevamo vederci solo a natale, a pasqua e nei
periodi in cui non c’erano allenamenti né per me né per lui. Già
dipendere dal calendario di una società sportiva è difficile ma
limitarsi ai tempi liberi comuni a due società sportive era proibitivo.
Tra l’altro per i periodi di allenamento in cui si stava insieme con la
squadra non potevamo nemmeno sentirci per telefono perché poteva essere
rischioso. Ci vedevano molto raramente ma quando succedeva era per due
giorni e ci vedevamo, per così dire, in campo neutro, né nella città
della mia quadra né nella città della sua, avevamo sempre paura che
qualcuno in albergo ci potesse riconoscere e sarebbe stato un disastro,
ma non è mai successo, evidentemente siamo giocatori piccoli piccoli!
Eravamo felici di stare insieme, soprattutto di poterci abbracciare di
poterci addormentare uno nella braccia dell’altro, c’era anche sesso, è
ovvio, ma era una cosa molto dolce, molto bella, proprio una forma di
intimità, di sentire che anche se avessimo avuto il mondo contro noi
saremmo rimasti insieme. Project, la storia finisce qui, cioè continua, o
meglio continuerà, lo spero tanto, sono quasi due anni che stiamo
insieme, non lo sa nessuno anche perché sono cose nostre e nessuno ci
deve mettere il naso. Ti voglio dire però che da quando sto con questo
ragazzo le regole della squadra, il conformismo, l’ipocrisia, non mi
pesano più, adesso ho il mio mondo che è quello che conta e anche della
carriera calcistica, tutto sommato, non me importa gran che, alla fine
un posto per fare l’allenatore di una squadretta e per sbarcare il
lunario penso che lo troverei comunque. Io non sono Prandelli, mi basta
poco perché adesso la mia vita non è più nel calcio, ma voglio dire
un’altra cosa, sia io che lui ci siamo formati nel mondo del calcio e
già ad un certo livello, ne abbiamo patite parecchie ma quell’ambiente
ci ha anche formato, non solo calcisticamente ma anche moralmente, ci ha
insegnato che nessuno ti regala niente e che la tua felicità te la devi
costruire lottando giorno per giorno. Io spero che il mio ragazzo abbia
la possibilità di farsi notare perché è un bravissimo calciatore, molto
migliore di me e sarei felice di fare qualsiasi cosa per favorire il
suo sogno.
__________
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1 commento:
Bella storia davvero... :)
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