venerdì 1 febbraio 2013

NASCITA DI UNA COPPIA GAY

Ciao Project,

noi ci conosciamo già e di te mi è rimasto un ricordo molto positivo che risale più o meno a due anni fa, allora mi firmavo “amolamusica”, abbiamo scambiato alcune mail, non pochissime, e per me è stata una esperienza importante, anche se il senso l’ho capito solo dopo.
Allora mi sentivo sbandato e esitante, oggi, per mia fortuna le cose sono cambiare e in un certo senso penso di avere capito il significato vero delle cose che mi dicevi nelle mail di due anni fa.
È ormai un anno e mezzo che sto con un ragazzo, che ha sei anni meno di me, sono tanti, è vero, però da quando stiamo insieme la mia vita è cambiata, è cambiato il senso che do alla parola amore, è cambiato proprio il mio modo di essere gay. Per la prima volta a 29 anni mi sono reso conto di come possono essere forti i sentimenti tra due ragazzi e per la prima volta ho scoperto il significato di un contatto umano profondo.
Frequentavamo entrambi la nostra chiesa, io soprattutto per abitudine, lui perché probabilmente sinceramente credente. Ci siamo conosciuti perché abbiamo accompagnato entrambi un gruppo di ragazzi (14-16 anni) ad un campeggio estivo, lui allora aveva 21 anni e io 27. Già ci conoscevamo, di vista e poco più, anche prima ma in campeggio abbiamo avuto modo di parlare molto e la nostra storia d’amore sostanzialmente è cominciata lì. Ero incantato dal fascino che lui aveva sui ragazzi. Io ero più grande e i ragazzi con me non familiarizzavano troppo, ma con lui scherzavano come se lui avesse 15 anni, e lui si trovava perfettamente a suo agio in mezzo a loro.
Abbiamo cominciato a parlare un po’ la sera quando i ragazzi se ne andavano a dormire e noi restavamo con gli altri due accompagnatori a risistemare un po’ i locali comuni. Allora pensavo che Gianni fosse etero, perché tutto lo faceva pensare. Non aveva una ragazza, a quanto ne sapevo, ma in fondo era giovanissimo e aveva molte amiche con le quali era estremamente disinvolto. Gianni è un bel ragazzo, mi piaceva, ma lo consideravo come tanti altri ragazzi etero che avevo conosciuto, in pratica un mondo separato con quale non averi mai avuto nessun contatto.
I primi giorni abbiamo parlato molto della chiesa, dei ragazzi del gruppo, dello studio, del lavoro ma non abbiamo parlato della vita affettiva. Vedevo che a lui piaceva stare a parlare con me ed ero sempre io che dovevo interrompere la conversazione perché era troppo tardi e bisognava andare a letto. Il campeggio è durato in tutto dieci giorni. Alla fine eravamo diventati amici. Io pensavo che per lui il nostro rapporto fosse una bella amicizia ma niente di più. Con me era disinvolto ma niente lasciava pensare che potesse nutrire per me dei sentimenti forti.
Tornati in città abbiamo cominciato a frequentarci, prima solo attraverso il gruppo legato alla nostra chiesa e poi anche per i fatti nostri. Nelle nostre conversazioni due soli argomenti erano del tutto assenti e cioè amore e sesso. All’inizio pensavo che fosse il segno che si trattava solo di amicizia ma la cosa non aveva senso perché in genere due amici, che ormai si conoscono bene, di queste cose ne parlano eccome.
Potevo osservare però che piano piano il nostro rapporto aveva preso una dimensione di quotidianità e di spontaneità straordinaria, le cose venivano da sé, non avevamo bisogno nemmeno di metterci d’accordo ogni proposta di uno di noi sarebbe stata automaticamente accettata dall’altro. I sorrisi e il guardarsi dritto negli occhi erano diventate cose comuni e c’era anche un minimo di contatto fisico: l’abbraccio quando ci salutavamo non era solo un saluto, per invitarmi ad uscire mi prendeva per mano e qualche volta mi appoggiava la testa sulla spalla, mi ammiccava come per dire che sapeva quello che stavo per dire o per fare. Io cercavo di essere attento a non scoprimi molto, mi affascinava ma cercavo di evitare di farglielo capire ma comunque deve averlo capito ugualmente.
Ad un certo punto ha cominciato a lasciarsi andare a forme di contatto fisico più significativo, ad abbracci lunghi, improvvisi e senza motivo apparente, accompagnati da espressioni di felicità quando mi abbracciava. Più io cercavo di ritrami e di riportare le cose al livello solito più Gianni dava segno di sentirsi frustrato da quel mio modo di fare. A un certo punto, per risolvere un attimo di imbarazzo che si era creato, ha preso l’iniziativa e mi ha baciato, io sul momento ho provato a dire di no ma mi ha risposto con una sola parola: “zitto!” e siamo rimasti a baciarci per 10 minuti. Il giorno appresso mi sentivo in colpa, come se avessi approfittato di lui, gliel’ho detto ma gli leggevo negli occhi il bisogno di andare avanti allora l’ho abbracciato io, quella sera abbiamo avuto il nostro primo timidissimo rapporto sessuale. Credo che non ci sia niente di più coinvolgente dell’essere innamorati di un ragazzo e del sentire che quel ragazzo ti desidera. In pratica ho capito che cosa è la sessualità vera. Mi abbracciava fortissimo e non aveva alcuna inibizione, la sua spontaneità era totale e, stranamente per me, anche la mia spontaneità era totale.
Le cose sono andate avanti così per qualche giorno, poi mi sono tornati i soliti scrupoli e ho cominciato a tenerlo a distanza. Credo che Gianni si sia sentito completamente rifiutato e che sia stato malissimo, insisteva perché ci incontrassimo ma io volevo che tra noi non ci fosse più sesso e lo tenevo a distanza, poi abbiamo cominciato a frequentarci di nuovo ma, per un patto che avevamo fatto tra noi, senza contatto fisico. Abbiamo passato lunghissime serate a parlare e ho cominciato a conoscere Gianni dall’interno. Ero stupito del fatto che si comportasse così con me anche se io lo tenevo a distanza. Poi non ce l’ho fatta più a vederlo soffrire e abbiamo ripreso ad avere rapporti sessuali ma l’espressione non è adeguata perché in realtà il nostro era un vero fare l’amore. Per lui, il sesso era una po’ una risposta al suo bisogno di affetto era un prendere atto che quel suo bisogno di affetto contava più delle mie inibizioni e che alla fine io riuscivo a capire come si sentiva veramente. Non avevo mai pensato che il sesso potesse avere una tale capacità di tranquillizzare, di rassicurare, che potesse avere un significato affettivo così profondo.
Quando stavo con lui non provavo affatto sensi di colpa, era tutto così naturale, così bello, così pieno di sentimento che l’idea che non fosse una cosa buona neppure mi sfiorava. Qualche volta però, dopo, quando mi ritrovavo da solo, mi veniva in mente che la religione condanna queste cose e che quindi al di là delle apparenze, quello che stavamo facendo non fosse un modo di stare bene ma fosse in realtà un male, che fosse un modo di fargli del male per qualche ragione che neppure potevo capire. Provavo a dire a Gianni queste cose e mi ascoltava perplesso, eppure io sapevo che lui era credente, ma io vivevo la religione con mille scrupoli, lui invece no, la viveva come una cosa liberatoria. Mi guardava con forte senso di preoccupazione e mi chiedeva: “Ma tu pensi veramente che ci sia qualcosa di male?” E io non sapevo che cosa rispondergli e in quei momenti lo vedevo di nuovo solo nella sua solitudine, in quella solitudine alla quale io lo stavo costringendo, allora gli prendevo la mano e sentivo tutta la sua esitazione e in quel momento mi sembrava terribilmente ingiusto allontanarlo da me e allora lo abbracciavo forte.
Ho conosciuto la debolezza di Gianni, il suo bisogno d’amore, l’ho sentito vicino come non ho mi sentito nessun’altra persona e piano piano ho cominciato a mettere da parte i miei scrupoli e sono arrivato a capire che il nostro era amore vero.
Certe volte, quando leggo le cose che la gente dice dei gay, mi prende un senso di sconforto, perché adesso per me è evidente che quelle persone non capiscono affatto che cosa è l’amore gay, l’amore tra due uomini. Anche io, per molto tempo in verità, ho avuto forti dubbi sul fatto che tra due uomini potesse esistere un amore vero, probabilmente ho assimilato questo tipo di diffidenza dall’ambiente in cui vivevo e per me andare oltre non è stato affatto facile. Ho cominciato a mettere da parte certe forme di dipendenza psicologica di fronte alla religione e ho cominciato a chiedermi che cosa per me fossero il bene e il male, al di là di qualsiasi pregiudizio e ora non ho più alcun dubbio e penso che solo l’amore ha la forza di liberarci dalle nostre paure e di darci il coraggio di essere finalmente noi stessi.
Una sola paura mi resta e cioè la paura che il mio rapporto con Gianni possa finire. Non ho oggettivamente nessun elemento sul quale basare questa paura, ma il fatto è che l’amore per Gianni è diventato di fatto il pilastro della mia vita e che pensare di vivere senza di lui non avrebbe senso.
Non che nel nostro rapporto non ci siano stati momenti di incomprensione ma quando è capitato non ho mai avuto il timore che il nostro rapporto potesse finire. Questo ce lo siamo detto mille volte.
Oggi, dopo un anno e mezzo, mi sento un uomo felice. Noi non conviviamo perché la sua famiglia e la mia non sanno di noi e di comune accordo abbiamo deciso di non dire nulla, non per egoismo o per diffidenza ma perché entrambi pensiamo che i nostri genitori non capirebbero e ogni giorno ne riceviamo conferma dai discorsi che sentiamo in famiglia. Oltre a mettere in enormi difficoltà i nostri genitori, esporremmo anche il nostro rapporto a delle forti tensioni e noi vogliamo vivere tra noi nella massima serenità. Ora io ho un lavoro, ma non è un lavoro stabile e lui studia ancora, se le cose andranno avanti così, tra qualche anno (non pochissimi) potremmo essere veramente indipendenti e potremmo anche andare a vivere insieme.

I rapporti con la religione, intesa nel senso della nostra comunità, sono andati in crisi. Ovviamente in quell’ambiente nessuno sa di noi e quindi nessuno ci emarginerebbe ma siccome sappiamo qual è il modo di vedere le cose delle persone che frequentano quell’ambiente, preferiamo starne al di fuori per evitare di dover fingere una comunione di pensiero che ormai non c’è più. Però abbiamo conservato un insieme di valori legati alla religione e anche una grande speranza che Dio sia migliore degli uomini e che abbia riservato anche per noi un posto in paradiso. Non è un modo di dire, è una forma di fede che, penso, non perderemo mai.

Project, adesso capisco il senso di tante cose che mi dicevi e mi rendo conto che erano vere!
Matteo
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Se volete, potete partecipare alla discussione di quetso post aperta sul Forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=22&t=3178

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