lunedì 30 ottobre 2017

RAGAZZI GAY E MALATTIE SESSUALMENTE TRASMESSE

Caro Project,
oggi per la prima volta ho avuto la prova della stupidità di certi ragazzi e uno l’ho anche mandato a quel paese, per non dire di peggio, anche se per tanti aspetti era un bravissimo ragazzo e mi piaceva pure parecchio. Ho sempre avuto paura delle malattie sessualmente trasmesse e ti spiegherò perché, e poi alcune cose che tu mi hai raccontato hanno accentuato i miei timori. Non credo che col sesso si raggiunga la felicità, anche se il sesso è comunque una cosa che crea una dimensione di intimità molto forte, comunque, pensare di rovinarsi la vita per cinque minuti di sesso non protetto fatto con uno sconosciuto mi sembra proprio un comportamento da persona totalmente irresponsabile. Avevo un amico, anzi per fortuna ce l’ho ancora, è un ragazzo di origini irlandesi che chiamerò Patrick, anche se non si chiama così. Patrick è diventato sieropositivo per aver sottovalutato i rischi. È vero che adesso non si finisce subito in AIDS perché ci sono i farmaci antiretrovirali che controllano abbastanza bene la situazione e quindi le prospettive sono molto meno terribili di qualche decina di anni fa, ma la vita  di Patrick ormai sarà definitivamente condizionata dall’HIV. Io ho visto come è cambiato Patrick dopo la diagnosi e tutto quello che deve fare per la terapia e per i controlli clinici connessi e non sono per niente banalità e comunque l’HIV non si elimina definitivamente. Parlare con Patrick mi mette in crisi e mi fa rabbia che nessuno lo abbia fatto ragionare prima, d’altra parte non l’ho fatto nemmeno io, perché pensavo che fosse molto attento alla prevenzione e invece non è successo, e non posso nemmeno biasimarlo perché non aveva comportamenti rischiosi o almeno non sembrava ne avesse. Lui era stato solo col suo compagno e il suo compagno non sapeva di essere sieropositivo. Quindi, in buona sostanza, nessuno nemmeno il suo compagno è colpevolmente responsabile di quello che è successo. Si potrebbe cercare di capire chi ha contagiato il suo compagno ma si finirebbe per risalire la catena dei contagi senza nessuna utilità concreta. L’unico modo per evitare quello che è successo sarebbe stato fare il test prima di avere rapporti sessuali e rifarlo dopo il periodo finestra senza avere rapporti sessuali nel periodo tra i due test, ma è una cosa lunga, non semplicissima da realizzare e si finisce per trascurarla con le conseguenze terribili che adesso Patrick sta sopportando. Devo dire che io sono informatissimo sull’HIV (studio Medicina) e ho continuato a frequentare Patrick, ma molti dei suoi amici, dopo aver saputo della sua sieropositività lo hanno abbandonato del tutto e questo ha aggravato molto la sua situazione psicologica. Dopo che ho visto come è cambiata la vita di Patrick, perché di queste cose con lui parlo spesso, sono diventato assolutamente intransigente in fatto di prevenzione, direi quasi maniacale. Allora io non avevo ancora avuto rapporti sessuali con nessuno ed ero tranquillo per la mia situazione personale, ma poi ho avuto anche io un ragazzo. Fino a pochi mesi fa, stavo con un ragazzo, che purtroppo si è stancato di stare con me e se ne è andato, ma sotto il profilo della prevenzione era un ragazzo col cervello in testa. Quando abbiamo pensato che potevamo avere rapporti sessuali, siamo andati di comune accordo a fare il test e poi ci siamo riandati quattro mesi dopo per l’effetto finestra, e ci siamo andati sempre insieme, sia a fare il test che a ritirare i risultati, in modo da toglierci ogni dubbio, quindi, quando abbiamo avuto rapporti sessuali non avevamo in sottofondo il fantasma della paura dell’HIV. A parte il fatto che non c’è solo l’HIV ma ci sono parecchie altre malattie a trasmissione sessuale, che fanno forse meno paura ma provocano danni gravi comunque. E poi, se uno va a fare il test, si responsabilizza e impara anche che la prevenzione è una cosa fondamentale. Certo abbiamo aspettato quattro mesi e mezzo per fare sesso, ma quando lo abbiamo fatto abbiamo potuto pensare solo al sesso e non ai possibili rischi. Ok, questo era il mio ex-ragazzo e perderlo mi è dispiaciuto parecchio anche perché non era certo il tipo da scappatelle sessuali, anche lui aveva conosciuto Patrick e questo gli aveva fatto vedere molto da vicino che i rischi esistono. Comunque il mio ex-ragazzo se ne è andato perché su altre cose ragionavamo in modi molto diversi, comunque se ne è andato, e ciao! Ma da allora era passato più di un anno e piano piano mi stavo innamorando di un altro ragazzo, un ragazzo molto bello e anche molto dolce, un ragazzo che mi piaceva molto. Abbiamo cominciato a chattare, poi a vederci la sera per parlare un po’ (abita piuttosto vicino a casa mia). Poi, quasi inevitabilmente si sono create anche aspettative sessuali. Io gli ho raccontato la mia storia e lui mi ha detto delle sue. A questo punto lui pensava che si sarebbe arrivati subito al sesso, perché in quello che ci eravamo detti non sembrava ci fossero rischi di malattie sessualmente trasmesse, ma in queste cose la parola “sembrare” non la eccetto proprio e gli ho detto che prima dovevamo fare il doppio test, come avevo fatto con il mio precedente ragazzo. È rimasto molto stranito da questo discorso. Ti allego un pezzetto di una sua mail in proposito:
“Mi sono sentito trattato come un appestato. Tu non ti fidi di quello che ti dico. Ma perché ti dovrei raccontare cose false? Vuoi usare il preservativo? Ok, mi sta bene, ma usarlo pure per il sesso orale mi sembra proprio assurdo. Ma non ti basta nemmeno questo, tu vuoi proprio fare il test e lo vuoi fare due volte! Ma così dobbiamo buttare via cinque mesi ad aspettare. Ma ti pare giusto? E tutto per una questione di puntiglio, perché tu sai benissimo che di me ti puoi fidare. Ti prego, ripensaci!”
Ovviamente io non potevo cedere, gli ho detto che non volevo assolutamente rischi e il nostro rapporto ha cominciato ad andare in crisi. Ci siamo visti un altro paio di volte, la seconda volta gli ho raccontato la storia di Patrick perché pensavo che lo avrebbe indotto a ragionare ma questo non è successo e anzi ha reagito in un modo che mi ha dato fastidio e probabilmente da qui il nostro rapporto è andato veramente in crisi. Gli avevo detto che Patrick aveva avuto rapporti solo col suo ragazzo e che il suo ragazzo non sapeva di essere positivo all’HIV. Glielo avevo detto perché era quello che era successo veramente, ma lui ha cominciato a fare facce strane, come per dire che Patrick probabilmente aveva avuto rapporti con tanti ragazzi e che probabilmente era lui ad avere contagiato il suo compagno, ma erano tutte osservazioni completamente prive di senso, perché lui aveva sentito nominare Patrick da me solo 10 minuti prima. Poi sono diventato il bersaglio delle sue frustrazioni, mi considerava proprio uno psicopatico. Alla fine mi ha posto un ultimatum “o stasera lo facciamo e come dico io, oppure la storia finisce qui. Vedrai che sarai contento.” Io non sopporto gli ultimatum e ancora meno il fatto che qualcuno giudichi senza sapere di che cosa sta parlando, ho provato comunque a fargli capire il mio punto di vista e gli ho risposto così:
“Ma come fai a non capire che non è un problema psicologico ma un rischio reale? Patrick è uscito devastato dal fatto di essersi fidato. Tu non lo conosci, non sai nulla di lui e pensi di poterlo giudicare, ma tu non sai come sta adesso, lo dovresti conoscere e capiresti tante cose in più. Comunque non te ne faccio una colpa, pure io prima di vedere la vicino la storia di Patrick consideravo queste cose molto superficialmente, è stato lui a farmi ragionare e a insegnarmi a non fidarmi. Non sono uno complessato dal sesso come pensi tu, non sto cercando di scappare da nulla, prima di conoscere te avevo un ragazzo e il sesso c’era eccome, ma era sesso sicuro. Ho visto più di una volta ragazzi angosciati per aver avuto rapporti non protetti, ragazzi che hanno aspettato i risultati del test con un’ansia terribile e si sono sentiti in estrema difficoltà come se avessero giocato alla roulette russa. Alla fine a loro è andata bene, ma la tua risposta: “Allora perché non dovrebbe andare bene a te?” Mi sembra del tutto assurda, perché a Patrick è andata male. Ma, scusami, non è maglio anche per te avere una sicurezza di un altro livello? Si tratta di aspettare, e poi si può stare benissimo insieme anche senza sesso, mica per sempre, ma solo per un po’.”
Dopo questo mio messaggio lui è sparito del tutto. Adesso lui non c’è ma non c’è nemmeno la paura di sottofondo. Ho raccontato a Patrick che quel ragazzo se ne è andato e lui mi ha detto:
“Ha tenuto un comportamento veramente infantile, se ti avesse voluto bene veramente avrebbe capito, ma ha preferito provare a forzare le cose e a imporre il suo punto di vista, e questo già non è un buon segno e poi di fatto ha cercato di imporre un comportamento imprudente, il che significa che sottovaluta i rischi e come lo ha fatto in questa occasione avrebbe potuto farlo in futuro. Io penso che se i ragazzi vedessero da vicino i problemi provocati dall’HIV userebbero molto di più il cervello e con una educazione seria in materia di prevenzione, il rischio dell’AIDS potrebbe piano piano essere del tutto eliminato.”
Se vuoi pubblica questa mail, anzi, io penso che la dovresti assolutamente pubblicare perché rendere i ragazzi consapevoli dei rischi del sesso non protetto potrebbe equivalere a salvare loro la vita.
Un abbraccio.
James
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domenica 22 ottobre 2017

UN GAY SPOSATO NON IN CRISI

Ciao Project,
ti ringrazio per la tua ultima mail che non mi aspettavo e che mi ha fatto molto piacere. Viviamo in paesi diversi, siamo di età diverse, ma alla fine riusciamo a capirci abbastanza bene. Forse il fatto che sei veramente lontanissimo da qui mi permette di esprimermi più liberamente. Mi colpisce il fatto che in teoria avremmo dovuto parlare soprattutto se non soltanto di sesso e invece siamo finiti a parlare di lavoro, di prospettive per il futuro e di mille altre cose. Per un gay sposato di 36 anni come me, è molto importante riuscire ad avere un amico con cui parlare liberamente senza sentirsi giudicato. Già la condizione dei gay è complicata perché l’aggressività della gente è forte, ma un gay sposato, almeno qui dove io vivo, è considerato un mostro, un caso patologico, uno che non può essere in nessun caso né un buon marito né un buon padre. Tu conosci già la mia storia e sai che sono stato particolarmente fortunato perché ho con mia moglie un dialogo vero, lei sa tutto di me e mi vuole bene, e anche io le voglio bene. Un tempo mi chiedevo spesso se per caso io non fossi bisessuale piuttosto che gay, perché voglio bene a mia moglie e posso anche avere rapporti sessuali con lei, poi sono arrivato alla conclusione che le voglio bene perché è una brava ragazza che mi vuole bene veramente e che, quando e ho detto quello che pensavo, mi ha aiutato ad essere quello che veramente sono. Lei non mi ha dato nessuna colpa e mi ha detto che ero un ottimo papà e che mi voleva bene senza condizioni. Puoi capire che dopo mesi di esitazioni, sentirmi fare un discorso simile mi ha messo in una condizione di euforia incredibile. Però scambiare qualche mail con te mi permette di capire tante altre cose e di superare tanti problemi o falsi problemi che mi sono portato appresso per anni, come per esempio i sensi di colpa per il matrimonio e l’idea di aver rovinato la vita di mia moglie e poi ho cominciato a mettere a fuoco il problema del rapporto tra affettività e sessualità e a capire quali possono essere le vere paure che mia moglie si porta dentro e delle quali non mi parla. Ho anche capito meglio come mia moglie possa considerare la mia situazione e la sua possibile evoluzione nel futuro. Ti dico onestamente che all’inizio non avevo dato molto peso al fatto che se avessi avuto rapporti sessuali con uomini senza una protezione adeguata non avrei messo a rischio solo me stesso ma anche lei. In pratica ho capito che devo essere sempre molto attento alla prevenzione. Fino a poco tempo fa mi ritornava spesso in mente l’idea di “provare” con un uomo, poi mi hai fatto capire che quello che conta è creare un rapporto affettivo vero, che possa durare nel tempo, con o senza sesso, e mi sono reso conto che posso aver desiderato sessualmente un ragazzo ma non mi sono mai innamorato di un ragazzo. Forse mi servirebbe avere amici gay per poter essere me stesso senza imbarazzo. Mi viene in mente una cosa che ti potrà sembrare strana, adesso mi sento molto meno condizionato nella masturbazione. I primi tempi la prendevo come un vero tradimento di mia moglie, mi dicevo che in fondo avevo già distrutto il matrimonio, poi, parlando con te, ho visto le cose in una luce del tutto diversa. Sono rimasto stupito quando mi hai detto che potevo parlarne a mia moglie, perché non avevo mai considerato possibile una cosa simile. Il giorno appresso mi sono fatto coraggio e ne ho parlato con lei che mi da detto che si sarebbe stupita forse del contrario e che non si riteneva assolutamente tradita o offesa dal fatto che io mi masturbassi pensando ai ragazzi. Project, ma perché non mi sono mai innamorato di un ragazzo? Fantasie sessuali sui ragazzi ne ho fatte eccome ma non mi sono mai innamorato di un ragazzo. Forse sono meno gay di quanto io creda di essere, o forse non ho ancora trovato il ragazzo giusto, e poi perché ho contattato te, che stai lontanissimo da qui e che probabilmente non conoscerò mai di persona, per poter parlare liberamente di queste cose? Sarebbe stato più facile cercare un ragazzo gay qui, ma io non l’ho fatto e ho cercato di mettermi al sicuro evitando scupolosamente ogni rischio di outing. Forse una ragione profonda per cui amo mia moglie è che lei sa tutto, ma non ha raccontato nulla a nessuno, nemmeno ai suoi genitori o alla sorella, lei ha fatto squadra con me e con nessun altro e questo mi rassicura. Io continuo a dormire con mia moglie nel letto matrimoniale e la cosa non mi imbarazza affatto e penso che non imbarazzi nemmeno lei perché tra noi qualche momento di intimità, al limite anche sessuale, c’è lo sesso, cioè lei non mi rifiuta e la cosa mi sembra al limite dell’incredibile. La nostra vita, ora, è tutta con centrata su nostro figlio Matteo che ha compiuto da poco due anni. Quando non lavoro il pomeriggio sto a casa con Matteo e giochiamo insieme, mi butto per terra, lo prendo a cavalluccio e lo vedo contento. Mia moglie ogni tanto viene nella stanza e vede tutto questo movimento e penso che ne sia contenta, poi entra anche lei in scena, si butta anche lei sul tappetto e giochiamo in tre. Due mesi fa Matteo non è stato bene e in quell’occasione ho trovato con mia moglie un momento di sintonia totale, ci siamo guardati negli occhi, senza dire nulla, lei è andata a vestire Matteo e io sono andato a prendere la macchina e lo abbiamo portato al pronto soccorso pediatrico. Lo hanno visitato e ci hanno rimandati a casa, con l’indicazione di una terapia da seguire, cosa che abbiamo fatto con la massima attenzione e Matteo è guarito del tutto in tre giorni. Vedi, Project, io con mia moglie sento di formare veramente una famiglia, so che non mi verrà mai meno, e non mi è venuta meno nemmeno quando ha saputo delle mie fantasie gay! Con un uomo potrebbe accadere qualcosa di simile? Francamente credo di no! Non che io creda che la cosa sia impossibile in generale, ma io credo che sarebbe impossibile nel mio caso, perché io una famiglia già ce l’ho e la sento mia, cioè non la metterei in crisi per nessuna ragione. Con mia moglie abbiamo fatto anche un ragionamento che non avrei mai immaginato, lei mi ha chiesto: “Ma tu pensi che si potrebbe avere un secondo figlio?” e io le ho risposto: “Certo!” Lei mi ha sorriso e ha detto: “Oh, aspettiamo che Matteo abbia tre anni!” Quindi anche mia moglie non considera la nostra come una famiglia in crisi e in realtà non lo è. Le mia fantasie gay non sono distruttive e mia moglie se ne rende conto. So bene che si tratta di una condizione più unica che rara, perché nelle storie dei gay sposati ho letto cose terribili sulle lotte con le mogli per l’affidamento dei figli. In pratica tutti davano per scontata la separazione e poi il divorzio e intendevano costruire una famiglia gay, cioè per loro essere gay era incompatibile con il loro matrimonio etero. E questo valeva anche in presenza di figli, cosa che a me sembra veramente inconcepibile. Però va pure detto che avevano mogli con le quali avevano rapporti solo formali e patrimoniali. Una cosa ancora devo dire di mia moglie: tra me e lei non abbiamo mai, e dico proprio mai, parlato di denaro e certamente non navighiamo nell’oro. Se una spesa la fa lei io so per certo che non si sarebbe potuto fare meglio. Penso sia anche per questo che l’idea del divorzio non mi è proprio mai venuta in mente. Chissà, forse mi basta avere un amico gay oltre oceano! Sono realmente gay? Da tutto quello che ti ho scritto potresti arrivare a dubitarne, ma io credo di esserlo. Faccio pochissimo uso di pornografia, mentre mi piacciono moltissimo i film gay in cui domina la tenerezza, perché è in fondo che quello che vorrei anche io. Chissà come sarebbe un vero rapporto di coppia con un uomo, ci penso spesso ma non riesco ad immaginarlo. Un gay riuscirebbe ad accettare l’idea che io continui a vivere con mia moglie compresa qualche tenerezza? E mi chiedo anche se mia moglie, nel caso io mi trovassi veramente un compagno, continuerebbe a dimostrare tutta l’apertura mentale che dimostra adesso che non ho nessun compagno. Il suo atteggiamento resisterebbe alla prova della realtà? Sarebbe comunque per lei una prova terribile. Adesso sono un gay (perché sono gay, anche se più sessualmente che affettivamente) che vive da etero ma non vive male, sono un individuo anomalo sia come etero che come gay. Ho parlato di te anche con mia moglie e le ho fatto leggere le tue mail, devo dire che le sono piaciute molto, dice che si vede che “ti intendi anche di donne!” Adesso ti lascio, Project, perché sento che Matteo si è svegliato e ha bisogno del suo papà.
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martedì 17 ottobre 2017

DIRE DI NO AD UN ALTRO GAY

Caro Project,
sono un uomo non più giovanissimo, over 35, tutto sommato sono stato abbastanza fortunato sotto parecchi punti di vista: ho un lavoro, vivo per conto mio e in un certo senso ho trovato la mia sistemazione almeno sul piano economico, cioè non ho grosse ansie per il futuro. Il mio problema di fondo è la solitudine. Non ho fatto e non voglio fare coming out pubblico, ma ho alcuni amici gay, non pochissimi, tutti non dichiarati, come me, e con loro sto bene, abbiamo più o meno la stessa mentalità, veniamo da ambienti sociali molto simili, in breve, ci intendiamo bene. E qui proprio con i miei amici gay si crea il mio problema più grosso. Ho visto che hai ripetuto spesso che il teorema “gay + gay = amore” non funziona, non corrisponde alla realtà e posso dire di essere l’esempio vivente della tua affermazione. Quando ho conosciuto i miei amici gay mi aspettavo che quel teorema funzionasse ma non ha funzionato. Li vedo spesso, sto bene con loro, ma non ho mai perso la testa per nessuno di loro, forse è successo solo una volta e molto superficialmente con un ragazzo, ma quando ci siamo conosciuti “un po’ meglio” (e ancora molto superficialmente), l’interesse è proprio svanito del tutto e quando non ci siamo più sentiti ho tirato un respiro di sollievo. Ho anche amici etero ma non mi sono mai innamorato nemmeno di ragazzi etero, su di loro non ho fatto mai nemmeno ipotesi puramente teoriche. Fin qui potresti dirmi che la mia situazione è abbastanza comune, ecc. ecc., e che, se non sono suscettibile all’affettività sono fatti miei. Ok, potrebbe essere vero, ma qui arriva il vero problema. Come ci si comporta quando ci si accorge di essere oggetto dell’interesse di un altro ragazzo ma non si prova nulla per quel ragazzo? È esattamente questo che mi accade in questo periodo. Mi sono accorto da un paio di mesi che uno dei miei amici gay è interessato a me, lo capisco  dai suoi comportamenti imbarazzati, dal suo cedere sempre, dal suo avvicinarmi il più spesso possibile. Quando queste cose accadevano in occasione dei nostri incontri di gruppo, beh, non ci facevo troppo caso, ma poi quel ragazzo ha cominciato a contattarmi anche in privato, a mandarmi mail e sms. Io ho cercato di far finta di non capire e di rispondere in modo banale, ma evidentemente il mio messaggio, che era un “no, grazie” non è stato interpretato correttamente e lui sta continuando la sua manovra di avvicinamento. Mi sembra un bravo ragazzo, ma molto fragile, penso che stia vivendo nei miei confronti una storia d’amore che non ha proprio nessun senso, perché io non sono interessato. Parliamoci chiaro, non sono interessato perché non mi attira fisicamente e credo che non ci si possa fare nulla. Come amico mi sta bene. Non è come persona che lo respingo, è onesto, corretto, tutto quello che vuoi, ma proprio non lo vedo in nessun modo come un ipotetico ragazzo con cui costruire una vita insieme. Quando mi chiama, cosa che accade abbastanza spesso, cerco di restare su argomenti molto neutri e di non entrare mai nel personale, ma vedo che lui si ricorda le cose che dico, mi chiede in continuazione spiegazioni e soprattutto non si rende conto che io non sono interessato. Onestamente, Project, io ho paura di fare veramente del male a questo ragazzo sia dicendogli brutalmente come stanno le cose, sia facendo finta di niente, rimanendo nel vago e rinviando all’infinito il momento del chiarimento. Le ho pensate tutte: tagliare i rapporti col gruppo, cioè proprio sparire dalla circolazione, cosa comunque molto complicata da realizzare, dirgli o fargli capire che ho un altro ragazzo, e altre cose ancora più assurde. Lui non è eccessivamente insistente perché si controlla e si limita, ma io vedo che questo comportamento per lui non è assolutamente spontaneo. È più giovane di me di qualche anno, ha 31 anni, ma è un uomo adulto, io so, capisco, vedo che ha bisogno d’amore, più che di sesso, di un affetto stabile su cui contare, ma il suo punto di riferimento non posso essere io, perché la cosa non mi viene spontanea. Certe volte mi fa dei piccoli regali, che io non ricambio mai, ma lui continua a farmeli. Non sono oggetti di valore ma oggetti che hanno qualcosa di personale, oggetti particolari che lui ha cercato sulla base di qualche cosa che io ho detto e che lui non ha dimenticato, per esempio avevo parlato delle vecchie caffettiere napoletane di alluminio, di quelle degli anni ’50, e lui me ne ha regalata una. Che cosa avrei dovuto fare? Restituirgli i regali e dirgli che non aveva senso insistere con quelle cose? Io non sono stato capace di farlo. Quando chattiamo io cerco di allungare le pause, e lui mi aspetta anche per ore, io vedo che è ancora lì, che non se ne è andato e allora riprendo la conversazione, che non è sgradevole, ma da parte mia è forzata, o almeno un po’ forzata. Ho paura che stia sviluppando una dipendenza e non so che fare, perché non vorrei proprio fargli male. Tempo fa mi mandava un sms di buongiorno e uno di buonanotte, un po’ come fanno gli innamorati. Le prime volte gli rispondevo, poi ho cominciato a non rispondere e ha smesso, ma ho avuto la netta sensazione di fare una cosa cattiva. A me non costava nulla andare avanti coi messaggi, ma quei messaggi, per lui, significavano altro. Ho pensato che forse la cosa migliore sarebbe proprio parlare chiaro e dirgli che lo vedo come amico, cosa che gli ho già detto molte volte in modo più o meno esplicito, lui pensa che dall’amicizia possa anche svilupparsi altro, ma io però so che non si svilupperà proprio nulla. Project, sembrerà brutale, ma se uno non ti piace fisicamente, se lo senti e lo vedi spesso e non hai mai fatto fantasie su di lui, come fai a credere che possa diventare il tuo ragazzo? L’aspetto fisico conta e molto. Stare con lui e fare fantasie su altri ragazzi sarebbe proprio il modo peggiore di stare con lui, però penso che alla fine succederebbe proprio così. Non posso forzarmi a provare una relazione alla quale non mi sento portato istintivamente, lui si accorgerebbe che è una forzatura e sarebbe ancora peggio. Devo confessarti, Project, che l’idea di provare comunque mi è anche venuta perché penso che lui farebbe di tutto per avermi vicino, in qualche modo si adatterebbe a me, finirebbe per accettare qualsiasi cosa, ma io non voglio che succedano cose simili, non ci sarebbe quella parità all’interno della coppia che penso sia assolutamente fondamentale. Insomma, è proprio un momento critico, so di non potere andare avanti ancora per molto tempo coi rinvii, so che devo decidere e che devo decidere presto. Mi sento proprio spaccato in due, io so che è un bravo ragazzo, ma non posso fingere di esserne innamorato e non posso nemmeno cominciare un rapporto del tutto squilibrato perché alla fine il danno lo farei anche a lui. Lui è anche un bel ragazzo, anche se non è per niente il mio tipo, e ci sono degli amici comuni che probabilmente vorrebbero richiamare la sua attenzione, ma lui ormai pensa solo a me e ogni altra ipotesi è per lui totalmente impossibile. Non mi trovo in una bella situazione. Non voglio fare male a quel ragazzo ma non ne sono innamorato e non so come uscirne senza fare danni. Ti sarei grato se mi facessi sapere che cosa ne pensi. Se vuoi pubblica la mail, in fondo penso che il mio problema sia abbastanza diffuso e forse riflettere su queste cose può essere utile anche per altri.
Ti saluto e aspetto la tua mail.
Christian
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lunedì 16 ottobre 2017

ESSERE GAY E SEMBRARE GAY

Caro Project,
tu pubblichi sui tuoi siti solo storie gay edificanti, belle storie d’amore che mi emozionano molto quando le leggo, ma che purtroppo non ho mai sperimentato nella pratica. Qualche ragazzo gay simile a quelli delle mail che pubblichi sul forum lo conosco anche io, ma ho conosciuto anche dei gay che erano l’esatto contrario. Può anche darsi che io sia stato sfortunato ma ti voglio raccontare almeno un fatto significativo che mi è accaduto all’inizio del 2016. C’è un ragazzo gay, anzi ci sono due ragazzi gay con due modi di fare strani, secondo me non sono cattivi ragazzi né l’uno né l’altro, ma per capire devi leggere.
Nel veglione di capodanno 2016 avevo incontrato per caso un ragazzo esuberante, quasi esplosivo, che mi aveva colpito molto: lo chiamerò Tano, bellissimo sorriso, sempre a dire battute e a ridere, anche simpatico a parlarci. In breve, mi piaceva. Allora non avevo un ragazzo e la mia fantasia ha cominciato subito a lavorare su di lui. Durante il veglione abbiamo parlato un po’, ma c’era un chiasso indiavolato e siamo dovuti uscire nel cortile del locale, però ho avuto la sensazione di avere fatto anche io colpo su di lui, anche se abbiamo fatto solo discorsi banalissimi. Esci dal veglione e stai a parlare fuori nel cortile, ok, ma lo fai con una ragazza, se lo fai con un ragazzo non succede certo per caso. Quando siamo rientrati a casa la mattina di capodanno ci siamo scambiati i numeri di cellulare. Il 2 gennaio l’ho richiamato e mi è sembrato contento di risentirmi, siccome il 2 era sabato e il 3 sarebbe stata domenica, l’ho invitato a venire con il mio gruppo a una passeggiata al mare e ci siamo dati un appuntamento per l’indomani alle 8.00.
Il mio gruppo è tutto di etero, questo vuol dire soprattutto che c’è un 50% di ragazze e ci sono molte coppie; i ragazzi del gruppo mi considerano etero al 100%, ovviamente, perché non ho proprio nulla che possa fare pensare che sono gay e poi sono affari miei e me li voglio tenere per me. Di Tano non sapevo niente, meno che mai se fosse gay o etero, l’avevo invitato solo perché mi piaceva. Ovviamente nemmeno Tano sapeva nulla di me, lo avevo conosciuto solo la sera prima!
Domenica alle 8.00 i ragazzi del gruppo ci sono già tutti, siamo in 11, io dico che bisogna aspettare Tano, e invece di partire ci mettiamo a chiacchierare. Alle 8.30 Tano ancora non si vede, qualcuno comincia a storcere il naso. Lo chiamo al telefono, mi dice che sta arrivando. Alle 8.45 si presenta con il suo sorriso smagliante. Nessuno fa storie con lui per il ritardo. Quattro coppie vanno con due macchine, io, Tano e un’altra coppia siamo sulla mia macchina. Subito dopo la partenza Tano comincia a fare il cretino, facendo domande inopportune e molto da ficcanaso alla coppia che stava in macchina con noi. Chiede se stanno insieme, cosa che si vedeva a un chilometro, e loro chiedono a lui perché è solo, lui risponde che non è solo ma è con me, che sono il suo ragazzo! Io mi affretto a smentire e sottolineo che l’ho conosciuto solo due giorni prima, ma lui insiste a fare il cretino: noi stavano davanti e la coppia di amici stava dietro. Io avevo la mano sul cambio, lui prende e mette la sua mano sulla mia. Gli dico: “Stai fermo, che so guidando!” allora ritira la mano in modo molto teatrale e mi dice: “Vabbe’, ma che ho fatto?” Poi chiede alla coppia: “Voi che ne pensate delle coppie gay?” Francamente in quel momento lo avrei ammazzato!
I ragazzi della mia comitiva hanno il perfetto controllo di sé, rispondono da manuale e non si fanno trascinare in discorsi strani. La ragazza quando vede che i discorsi di Tano si fanno pesanti e insistono un po’ troppo, entra in mia difesa: “Tano, mi sa che hai sbagliato obiettivo, io conosco Silvia, la sua ragazza, stanno insieme da due anni!” Ma Tano insiste: “Questo non me lo avevi detto… vabbe’ vuol dire che sei un po’ bisex!” Stavo proprio perdendo la pazienza. “Tano, vuoi scendere qui?” e lui mi risponde: “Ma che ho detto? Ma non si può nemmeno parlare?” Ovviamente non esiste nessuna Silvia, ma Tano non lo sa. La ragazza riprende il discorso su Silvia, e anche io faccio prudentemente la mia parte. Silvia agli occhi di Tano prende sempre maggiore consistenza e i discorsi da checca gay finiscono. Per tutto il resto del viaggio parliamo solo in tre. Tano è praticamente fuori gioco, forse si aspettava una comitiva gay, ma ne ha trovata una etero (o quasi) e si è sentito a disagio. Una volta arrivati al mare, con gli altri ragazzi tiene un comportamento educato anche se spigliato, niente di simile a quello che era successo durante il viaggio. Quando eravamo a tavola, io ero di fronte a Tano, mi arriva una chiamata al cellulare, rispondo. Era la ragazza che stava con noi in macchina. Mi dice: “Vedo che hai “quello” di fonte a te, fai come se ti avesse chiamato veramente la tua ragazza, se no non te lo scrolli più di dosso.” Io volevo che il pomeriggio passasse tranquillamente e ho accettato di fingere. Ho coperto il cellulare con la mano perché non si sentissero le parole (e non stavo dicendo proprio niente) e ho fatto facce molto compiaciute da innamorato che parla con la sua bella. Tano fingeva di guardare dall’altra parte ma stava attentissimo al mio comportamento. Quando ho chiuso la telefonata lui ha fatto finta di niente e ha cominciato a parlare col ragazzo che aveva al fianco. A Gennaio, fa notte preso e torniamo a casa. Accompagniamo a casa i due ragazzi che erano in macchina con noi, poi vado ad accompagnare Tano che si scusa per l’accaduto, dice che è stato stupido da parte sua, che non aveva pensato che mi poteva causare dei problemi ma aggiunge che comunque aveva pensato che io non fossi etero, non sapeva perché ma lo aveva pensato. In quei momenti io non sapevo che cosa dire. Tano a me piaceva, anche se era troppo invadente e maldestro. Dovevo dirgli che non c’era nessuna ragazza e che lo avevamo preso in giro per farlo stare tranquillo, ma così lo avrei perso, d’altra parte lo avrei perso anche se avessi continuato a recitare la parte dell’etero. Ero veramente in imbarazzo. Si sarebbe potuto superare l’imbarazzo con un contatto fisico che sarebbe stato più significativo di qualunque discorso, ma un gesto simile mi avrebbe impedito di cambiare atteggiamento in caso di necessità, cioè se Tano si fosse dimostrato troppo invadente o comunque, alla prova dei fatti, fosse stato incompatibile con me. Alla fine ho scelto di continuare a fare l’etero che ha la ragazza, perché l’altra strada mi sembrava troppo arrischiata e soprattutto troppo prematura. Tano era deluso, ma “se uno è etero” c’è poco da fare! Nei giorni successivi non mi ha richiamato e dopo qualche giorno l’ho richiamato io, era contento di sentirmi, ma di una contentezza ufficiale, era controllato nei discorsi e non propenso a prolungare la telefonata. Per un paio di mesi siamo andati avanti così, io lo chiamavo, cercavo di parlare con lui, che però era sfuggente, ma la mia insistenza ha cominciato a sembrargli strana. Il primo di Marzo mi ha fatto una proposta inattesa, mi ha detto: “Vengo a prendere una pizza con te se ci viene pure Silvia.” Era segno che ormai aveva capito. Gli ho detto che andava bene e ci siamo dati appuntamento per la sera del tre in un ristorante. Io sono arrivato prima, ho fatto preparare un tavolo per tre e mi sono seduto ad aspettare. Tano è arrivato, ha visto l tavolo per tre e ha fatto una faccia strana: “Non è che vi rovino la cena?” Gli ho risposto che non avrebbe rovinato niente, e che Silvia era in bagno a risistemarsi un po’. Poi gli ho detto intanto di ordinare e mi ha risposto: “Ma no, aspetto!” e allora gli ho svelato il mistero, ma per gradi: “Silvia non è potuta venire, perché… non esiste…” Allora sulla faccia di Tano è tornato il suo sorriso malizioso: “Veramente?” “Sì” “Allora anche tu… “ “Eh…” “Wow!!” Dopo abbiamo cenato in santa pace!
Così è cominciata la mia storia con Tano, che dura quasi da due anni, ma, sia ben chiaro, non penso affatto che Tano sia senza difetti. Stiamo bene insieme, questo lo posso dire, ma su certe cose non andremo mai d’accordo. Vengo ad elencare i difetti di Tano, o almeno quelli che io considero difetti:
Innanzitutto pretendeva di portarmi nella sua comitiva gay, cosa che a me non sta bene non perché sono gay ma perché si atteggiamo molto, almeno in certe situazioni, e non capiscono che questo può dare fastidio anche agli altri gay. Nella comitiva di Tano ci sono sei ragazzi in tutto, compreso Tano, se li prendi uno per uno sono bravissimi ragazzi, calmi, che pensano prima di agire, ma se li metti tutti insieme diventano un pericolo pubblico, si scatenano e possono creare certamente problemi a uno come me che non si vuole mettere in piazza. Quando Tano voleva andare con loro io non ci andavo, e dopo un po’ non c’è andato più nemmeno Tano, però abbiamo continuato a frequentare gli amici del suo gruppo, uno o due alla volta. E posso dire che Tano l’ha accettato.
In secondo luogo Tano all’inizio ha avuto l’idea fissa che io dovessi fare per forza un coming out pubblico, cosa che, a parte il fatto che non mi piace in nessun caso, non potrei proprio fare, perché una cosa del genere mi potrebbe creare problemi grossissimi sul lavoro. Adesso si è adeguato all’idea che si può essere una coppia anche se uno è dichiarato e uno no!
Terza e ultima cosa, questa molto più privata, Tano ha un’idea di sesso come divertimento che mi sembra molto riduttiva. Gli ho fatto venire la fissa della prevenzione (prima non ci stava troppo attento). Ha un’idea di sessualità gay, diciamo così, molto classica e non mi piace affatto che insista pesantemente per farmi fare cose che non voglio. E qui una volta siamo arrivati proprio sull’orlo della rottura. Gli ho detto: “Essere in due vuol dire essere veramente in due, io mi sono adeguato a tante cose per farti piacere, ok, va benissimo, ma l’elasticità ci vuole da entrambe le parti, altrimenti trovatene un altro!” Lui pensa di incarnare l’essenza della “gayezza” e non capisce che è solo uno dei tanti e che di gay che sono gay al 100% e che ragionano in modo diversissimo dal suo ce ne sono moltissimi. Comunque Tano ha un modo bellissimo di vivere il sesso, è proprio travolto dalla sessualità. Io sarei travolto molto meno, ma quando vedo lui mi faccio portare anche io dall’entusiasmo e le cose funzionano molto bene.
Adesso un pregio di Tano: ti dice le cose in faccia, qualche volta anche brutalmente, e certe volte mi ha impedito di fare grosse stupidaggini proprio con la sua franchezza. Se c’è una cosa che non credo possibile è che possa tradirmi, mi spiego meglio, non credo possibile che possa andare con un altro ragazzo senza dirmi nulla, invece che possa andare con un altro ragazzo dicendomelo prima è possibile ed è un fatto che temo molto, anche se non è mai successo niente di simile.
La nostra vita di coppia non è male, ma per me Tano non è una religione, è una realtà da verificare giorno per giorno. Ora non viviamo insieme, anche se io ho casa per conto mio, perché il pettegolezzo sarebbe distruttivo per entrambi e mi creerebbe problemi enormi anche il famiglia. Stiamo lavorando molto entrambi por poterci comprare una casetta in campagna, senza vicini impiccioni, ma le case costano e ci vorrà tempo, questo, al momento è il nostro sogno come coppia.
Grazie per quello che fai Project, ovviamente puoi pubblicare la mail, l’ha letta anche Tano ed è d’accordo.
Ciao.
Pas e Tano
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sabato 14 ottobre 2017

AMORE GAY CON POCO SESSO

Caro Project,
ho 42 anni, sono gay e non c’è bisogno nemmeno di dirlo, ho avuto le mie esperienze, in realtà poche, una sola significativa che dura ancora adesso, che è va avanti più o meno un paio d’anni, prima di questa mia ultima storia il mio essere gay si era limitato solo ai porno gay e a un po’ di fantasia. Non avevo mai avuto occasioni concrete. Ho conosciuto alcuni ragazzi gay tramite dei siti di incontri, in realtà pochi ragazzi, mi sembravano abbastanza seri, facevamo amicizia, ma era un’amicizia superficiale, loro avevano il loro gruppo, il loro mondo, molto lontano dal mio. Piano piano perdevo i contatti con quei ragazzi e non me ne accorgevo nemmeno. Ho passato anni lavorando dalla mattina alla sera per risparmiare un po’ di denaro e comprare finalmente una casa. Due anni fa ho acquistato un mini-appartamento in centro e ho speso tutto quello che avevo messo da parte e mi resta ancora da pagare il mutuo, anche se non molto gravoso. Da questo punto di vista mi sono sentito realizzato, ma il mio buco nero era la vita affettiva che, fino a due anni fa, non era mai decollata. Sono un tipo molto comune, non ho niente di eccezionale in nessun campo, fisicamente sono una persona normale, non penso di essere particolarmente brutto, ma a 42 anni certo non sono il classico bel ragazzo e d’altra parte non lo sono mai stato. Sotto il profilo economico ho un lavoro stabile, ma niente di eccezionale. Non sono un tipo brillante, non frequento locali gay né di altro genere, passo il mio tempo a lavorare anche quando sto a casa, perché mi collego col mio ufficio anche da casa, quindi non so che cosa sia la noia, mentre so certamente che cosa sono la fatica e lo stress.
Ma adesso vengo al vero motivo della mia mail. Circa due anni fa ho conosciuto tramite un sito di incontri un ragazzo di 26 anni (molti meno dei miei). Abbiamo scambiato qualche mail, abbiamo chattato un po’, mi sembrava un bravo ragazzo. Dopo qualche giorno ci siamo incontrati di persona, e siamo andati a prendere una pizza insieme, poi abbiamo fatto un po’ di sesso in macchina, ma solo toccarsi reciprocamente perché io non volevo correre rischi e nemmeno lui. Cose di quel genere mi erano capitate qualche altra volta e in genere tutto finiva lì, e non ci si rivedeva più. Con lui non è stato così. In pratica, il giorno appresso io lo avevo già dimenticato, perché davo per scontato che tutto fosse ormai finito, ma non è stato così. Mi ha chiamato e mi ha detto che per lui era stata un’esperienza molto importante, che aveva percepito il mio rispetto, il fatto che cercavo di non metterlo in difficoltà, che non volevo indurlo a fare nessuna cosa che lui non volesse fare, ecc.. Mi ha chiesto se potevamo rivederci e gli ho detto di sì. Francamente mi sembrava strano che lui cercasse uno come me, più vecchio di lui di 14 anni e la cosa mi metteva un po’ in agitazione. Quando ci siamo incontrati per la seconda volta era domenica e siano andati insieme al mare, era estate, faceva caldo e abbiamo passato insieme l’intera giornata, c’è stato anche questa volta un po’ di sesso, io pensavo che le cose sarebbero andate oltre, ma si sono fermate allo stesso punto della volta precedente. Confesso che la cosa non solo non mi sconvolgeva ma per me era un elemento rassicurante. Stare lì con quel ragazzo era veramente gradevole, visto in costume da bagno era proprio un bel ragazzo, e stava lì al mare con me … Ci stava per fare sesso? Forse, ma non mi sembrava che fosse quella la vera finalità. Tra noi si creava un ambiente quasi familiare fatto di attenzioni reciproche, del ricordare tutte le parole dell’altro, del rimarcare che si stava bene e che una giornata come quella era veramente importante. Certe volte mi guardava quasi sovrappensiero e poi mi sorrideva, parlava poco, i silenzi erano lunghi la le espressioni del viso e degli occhi erano fortemente comunicative. Alla fine della giornata siamo tornati in città. Non ha voluto essere accompagnato a casa ma solo alla fermata della metropolitana. Quando sono tornato a casa mi sentivo contento, stranamente contento. Che cosa potevo aspettarmi da quel ragazzo? Oggettivamente poco o nulla, eppure era stata anche per me una domenica assolutamente unica. Nei tre giorni successivi non l’ho risentito e ho cominciato a provare nostalgia della sua presenza, ma ho deciso di non chiamarlo comunque. Il quarto giorno, alle cinque di pomeriggio, mi manda un sms: “Sono sotto casa tua, ti va di fare due passi?” Ho risposto: “Ok!” e sono sceso. Come suo solito ha parlato pochissimo, ma ha fatto molte domande, ha voluto cercare di farsi un’idea più chiara della mia vita. Mi ha chiesto se avevo un ragazzo, se ne avevo avuti in passato, come intendevo la vita di coppia, che valore aveva per me il sesso e tante alte cose di questo genere. Io all’inizio ho risposto alle sue domande ma poi gli ho detto che non sapevo nulla di lui e mi ha risposto solo: “Hai ragione, scusami, sono inopportuno e intrusivo.” Però non mi ha parlato si sé. Ci sono stati momenti di imbarazzo, non sapevamo che cosa dire, poi lui mi ha guardato negli occhi per qualche secondo e mi ha detto: “Sei sicuro di voler sapere qualcosa di me?” E gli ho risposto: “Penso di sì.” Ha cominciato a parlare di sé partendo dal presente: studia ancora, vive a casa dei suoi genitori che non sanno nulla di lui e non sospettano neppure che sia gay perché ha tante amiche e le porta anche a casa. Tramite  i siti di incontri ha conosciuto diversi ragazzi, in realtà solo 5, coi quali ha provato a costruire un rapporto, ma non è stato possibile perché erano ragazzi che cercavano solo sesso, quindi sono state 5 delusioni. Nessuno di quei ragazzi era interessato a costruire qualcosa o a capire come lui stesse veramente. Con me dice si sentirsi a suo agio, di sentirsi libero, non assillato. Poi ha preso un altro argomento che non mi aspettavo, mi ha detto di essere stato violentato a 19 anni da un tipo che poi si è saputo essere sieropositivo, ma per fortuna non ci sono state conseguenze perché quel tipo con ogni probabilità non era ancora sieropositivo al momento del fatto. Mi ha detto che ha fatto più volte il test e che è venuto sempre negativo. Poi mi ha detto che per lui il sesso anale è una cosa intollerabile, perché gli ricorda cose che non vuole ricordare. Mi ha detto che il fatto che io non ho insistito per fargli fare cose che non vuole fare lo ha apprezzato moltissimo e mi ha chiesto se per me il sesso anale è molto importante. Gli ho risposto che non ho mai avuto fantasie di quel genere e che per me essere gay è essenzialmente una questione affettiva, certo c’è anche l sesso, ma come forma di tenerezza, non certamente di aggressività o di dominio, cosa che mi sembrerebbe squallida. Il pomeriggio è passato così. Poi mi ha detto che doveva studiare perché doveva fare un esame  dopo circa un mese e ci siamo salutati. Pensavo che quel discorso preludesse ad una separazione più o meno di un mese ma non è stato così. L’indomani mi ha chiamato e mi ha chiesto se poteva stare a casa mia perché aveva bisogno di tranquillità per studiare. Io ero perplesso ma poi gli ho detto di sì e dopo un paio d’ore era da me con una borsa piena di libri e col suo computer. Gli avevo preparato la stanza, col letto appena fatto, la scrivania e la poltrona, erano quasi le quattro del pomeriggio, lui si è sistemato nella stanza e poi si è messo a studiare, abbiamo scambiato solo poche parole. Io sono andato nella mia stanza e mi sono messo a lavorare. Verso le otto, sono andato in cucina e ho preparato la cena, ho messo i piatti per lui su un vassoio e gli ho portato tutto in camera, mi ha guardato e ha fatto un bellissimo sorriso. Gli ho risposto: “Stai tranquillo, più tardi ti porto un caffè.” Ha studiato fino alle 23 circa poi ha aperto la porta della stanza e mi ha fatto entrare dentro, mi ha fatto sedere sulla poltrona e si è steso sul letto, mi ha detto di non dire nulla e io l’ho fatto. Dopo una decina di minuti mi da detto: “Ti dispiace se oggi non lo facciamo? … perché sono stanco morto e ho bisogno di dormire.” Gli ho risposto che mi bastava vederlo sorridere. Mi ha abbracciato stretto, poi gli ho chiesto a che ora voleva essere svegliato l’indomani, mi ha detto: “Alle sette.” E me ne sono andato a dormire nella mia stanza. L’indomani mi sono alzato alle 6.30, sono sceso al bar ho preso la colazione per me e per lui e poi gliela ho portata in camera col vassoio. L’ho salutato, gli ho detto che in frigo era già tutto pronto per il pranzo e sono uscito di casa per andare a lavorare. Il pomeriggio l’ho trovato impegnatissimo a studiare. Non aveva mangiato, allora ho cucinato io qualcosa in modo molto rapido, lui ha interrotto lo studio e abbiamo pranzato insieme anche se era ormai pomeriggio avanzato. Nei 30 giorni prima dell’esame ci sono stati anche contatti sessuali, sempre molto leggeri ma voluti da entrambe le parti, scambi di tenerezze rassicuranti. Abbiamo parlato molto poco, lui era totalmente assorbito dallo studio, quando non capiva qualcosa riempiva pagine di calcoli per cercare di superare il problema e se non ci riusciva si deprimeva un bel po’. Man mano che si avvicinava il giorno dell’esame era sempre più teso. La notte prima dell’esame abbiamo dormito insieme abbracciati, ma senza sesso. La mattina l’ho accompagnato a fare gli esami e ho aspettato che finisse la prova scritta. Sembrava abbastanza soddisfatto, ma l’ansia non era del tutto svanita. L’indomani mi ha mandato un sms al lavoro per dirmi che lo scritto era andato bene e che avrebbe avuto l’orale l’indomani. Anche quella sera abbiamo domito abbracciati. L’indomani ho ricevuto un altro sms: “Tutto ok!” Sono rientrato a casa dopo le 18, lui dormiva e non l’ho svegliato. Mi sono seduto sulla poltrona accanto al suo letto e sono rimasto lì  a vederlo riposare. Quando si è svegliato mi ha detto: “Ti voglio bene!” E io mi sono sentito felice fino al settimo cielo! Tra noi c’è anche il sesso, ma quello che apprezzo di più è che per lui sia fondamentale il volersi bene. Tra noi non ci sono mai state dichiarazioni formali di nessun genere, adesso sta a casa mia, anche perché è vicina all’università, studia, lo vedo motivato, tra noi si è creato un rapporto molto bello che non avevo mai pensato si potesse realizzare. Sono passati ormai due anni e non saprei più stare senza di lui. La cosa che mi piace di più è quando si addormenta tra le mie braccia. Non ho mai provato momenti di tenerezza più profonda.
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mercoledì 11 ottobre 2017

GAY E RELAZIONI ETERO

Vorrei passare ora ad esplorare un altro lato della questione “gay sposati” e cioè vorrei cercare di illustrare come le donne innamorate consapevolmente di ragazzi gay cercano di far fronte alla situazione.
Riporto qui di seguito, previa approvazione dell’autrice, una mail di una donna che si è resa conto che il suo ragazzo ha dei comportamenti che non sono quelli tipici dei ragazzi etero.
“Ti scrivo perché ho bisogno di chiarirmi un po’ le idee, o forse perché ho bisogno di parlare con qualcuno. Sono una ragazza di 25 anni e mi sono innamorata di un ragazzo di un anno più grande di me. È un ragazzo molto bello e anche molto dolce. Io prima ero stata con altri ragazzi ma un po’ boriosi e pieni di sé e certe volte mi facevano venire i nervi, pensavo che con tipi del genere non sarei mai andata d’accordo, poi ho trovato lui ed è stata una cosa completamente diversa, mi ascoltava, parlavamo molto, si comportava in modo diverso dagli altri ragazzi, mi trattava da amica, non ci provava con me e anche se ti sembrerà assurdo, la cosa mi piaceva moltissimo. Siamo diventati amici intimi, diciamo così, tante coccole qualche bacetto ma di tenerezza, non di passione, quasi non mi sembrava vero. Lui non parlava mai di sé ma lasciava parlare sempre me, a questa cosa all’inizio non avevo fatto caso. Ci vedevano ogni giorno ma non sapevo se avesse una ragazza (evidentemente no)  o se ne avesse avuta una prima, sembrava che questi argomenti non esistessero. Poi ho cercato di fare io il primo passo per disinibirlo un po’, l’espressione non mi piace ma, insomma, per me non era solo un’amicizia, e lì ho visto la sua paura, mi sono fatta due conti e ho pensato che potesse essere gay ma a lui non ho detto nulla. Col passare dei mesi ci siamo conosciuti sempre meglio e gli ho addirittura proposto di andare a vivere insieme, e alla fine mi ha detto che era gay. Io, stupidamente, gli ho risposto che per me non faceva nessuna differenza e che si poteva vivere insieme lo stesso, perché io volevo stare con lui comunque, ma lui mi ha guardato e mi ha detto: “Silvia, non ti arrabbiare, ma un gay può stare bene solo con un ragazzo.” Dopo questo discorso mi sono sentita molto ridimensionata, avrei voluto staccarmi da lui perché interpretavo quello che mi aveva detto come un rifiuto, ma non ci riuscivo, insistevo per vederlo, per consolarlo quando era malinconico ma lui si chiudeva sempre di più. Ho saputo da altre persone che probabilmente si è trovato un ragazzo ma ormai non lo vedo da tempo e mi sono rassegnata all’idea di non sentirlo più. Dopo aver vissuto la storia con lui, penso che non riuscirò più a innamorarmi di un altro ragazzo, sono stupida, lo so, non ha senso innamorarsi di uno che non ti vuole perché è gay, però a me è successo. Tu pensi che per me un qualche rapporto con lui sia recuperabile, dico solo come amica, ovviamente, o pensi che preferisca proprio stare alla larga? Per me se ha un compagno va benissimo, la cosa non mi creerebbe nessun problema, ma forse sto continuando a sognare come una stupida, mi sa che non ho capito bene che tipo di rapporti un gay può tenere con una donna, cioè l’ho capito ma non lo voglio capire, mi sa che la vedo ancora in modo troppo etero per poter andare d’accordo con lui.”
Questa è una mail tipica di una donna innamorata ma matura e consapevole della realtà. La storia con il ragazzo gay è finita e lei si rende conto che quel ragazzo non potrà mai essere il suo ragazzo. Gli vuole ancora bene ma capisce che in nome di quel bene non ha alcun senso rivendicare un ruolo che non venga da sé in modo spontaneo e condiviso. Se il ragazzo si allontana significa che deve andare per la sua strada e non ha senso cercare di trattenerlo. In fondo in questa storia il ragazzo non “illude” mai la ragazza, non passa oggettivamente i confini di una semplice anche se profonda amicizia, tiene cioè un comportamento che non favorisce i fraintendimenti.
La mail che segue è di un tenore completamente diverso ma è forse più interessante soprattutto per il diverso modo di agire del ragazzo che, volontariamente e colpevolmente, induce la ragazza in errore e provoca alla fine la sua reazione risentita.
“Bella gente i gay! Lo dico molto ironicamente! Ma che te lo dico a fare? Tanto tu sei convinto che sono tutti bravi ragazzi. Non è vero che sono solo i ragazzi etero che prendono in giro le ragazze, i gay fanno molto peggio e io, purtroppo, ci sono incappata in pieno. Uscivo da una storiaccia con uno str..o che mi piaceva molto fisicamente ma che era proprio grossolano e nello stesso tempo immaturo, insomma uno str..o! Ero nera. Vado una volta in disco con la mia comitiva e lì mi presentano Marco, neanche mi piace, mi sembra scipito, quell’altro era grezzo ma Marco mi sembrava addirittura un po’ viscido, non mi ispirava nemmeno a livello sessuale, e io quanto a ragazzi non ci vado tanto per il sottile. In pratica mi è del tutto indifferente, o anche meno, però mi accorgo che mi tiene d’occhio, quando cerco di guardalo negli occhi gira lo sguardo, ma continua ad osservarmi. Io mi chiedo “Ma questo che cavolo vuole?” mi decido e glielo chiedo. Mi risponde solo: “Sei carina!” Tu sai com’è, una cosa del genere a una ragazza fa piacere, e allora gli dico: “Sei carino pure tu!“ però così, solo per complimento, perché non mi attizzava proprio, poi abbiamo ballato e in pratica io mi sono persa il mio gruppo e ho passato la serata con lui che stava in discoteca da solo! Proprio così! Io con la mia solita logica generica ho pensato che se uno va in disco da solo vuol dire che va a caccia di ragazze e lui, in effetti, mi stava facendo la corte. La settimana appresso abbiamo continuato a sentirci e a scambiarci messaggini. Visto di giorno, alla luce del sole era meno viscido di come sembrava al buio della disco, non era un granché, un po’ troppo grassottello, paffuto va’,  però, insomma, si poteva pure fare. Dopo qualche giorno mi sono stufata di questo ragazzo e non l’ho chiamato più, ma lui continuava a farsi sentire a mandarmi messaggini da mezzo innamorato, mi provocava dicendomi che lo avevo colpito molto, che pensava spesso a me e tante altre cose del genere, io però non ero proprio interessata e non rispondevo, o forse solo raramente e solo per educazione, ma cercavo di tenermi molto sul neutro. Una sera mi chiama e mi dice che sta malissimo e che ha assolutamente bisogno di parlarmi di una cosa importantissima. Io gli dico che se deve sfogarsi lo può fare con un amico e con uno psicologo, ma lui insiste, la mette giù pesante ma non mi dice di che si tratta, alla fine non ce la faccio più, mi sfianca a forza di insistere e gli dico: “Ok, ci vediamo domani.” Insiste per vederci subito, ma gli dico che è tardi e che non saprei che cosa dire a mia madre e allora dice che va bene anche l’indomani. La sera appresso ci vediamo e ce ne andiamo a parlare in macchina. Mi aspetto un discorso chiaro e diretto ma comincia a parlare di cose generiche, non riesco a capire dove possa andare a parare, gli chiedo esplicitamente perché mi voleva parlare ma invece di rispondere insiste con le chiacchiere generiche. Gli chiedo: “Ma mi stai prendendo in giro?” Confesso che ho pensato che potesse magari essere uno col cervello un po’ bacato. Mi stavano proprio venendo i nervi, gli ho chiesto: “Che vuoi da me?” e lui mi ha preso la mano, allora gli ho detto: “Mi sa che ho capito! Ma tu non sei il mio tipo…” e lì il contatto tra noi ha preso un’altra piega e ci siamo baciati, cioè è stato lui a baciarmi, non mi piaceva nemmeno troppo però ci sono stata. Quando ci siamo staccati mi ha detto: “Pensi che ci si potrebbe mettere insieme?” Gli ho risposto: “Non lo so.” Lui mi ha detto: “Sei la prima ragazza di cui mi innamoro veramente.” Io l’ho preso come un complimento. Dopo un paio di giorni siamo passati a fare un po’ di sesso, cioè solo a toccarci perché lui ci andava piano. Aveva un modo di fare tutto suo, direi soprattutto contemplativo. Mi diceva che ero bellissima cosa che non è vera perché sono una ragazza molto ordinaria ma lui mi guardava con ammirazione, mi accarezzava, però non prendeva le iniziative che in genere prendono i ragazzi. Comunque ci siamo messi insieme. In genere i ragazzi tendono a stare alla larga dalla famiglia della ragazza, lui no! Voleva conoscere mia madre, mio padre, voleva venire a casa mia, un po’ come si faceva una volta quando c’era il fidanzamento ufficiale. È venuto a casa mia parecchie volte, i miei lo hanno invitato spesso a pranzo e io sono andata dai suoi, in pochi mesi eravamo diventati due fidanzatini ideali. Tutto sommato a me non dispiaceva, lui era serio, non faceva il galletto con le altre ragazze, stava finendo gli studi e si sarebbe trovato una ottima posizione sociale, anche se queste cose interessavano più a mio padre che a me. Dopo un anno di questa specie di fidanzamento in cui tra noi eravamo arrivati anche ad avere rapporti sessuali, sempre e solo su mia iniziativa e insistenza, finalmente comincia  parlare di matrimonio. I miei erano contenti e pure io, tutto sommato. Andavamo sempre in giro insieme con gli amici il sabato pomeriggio ed eravamo ormai un coppia a prova di bomba. Un giorno mi dice che purtroppo deve partire perché ha una zia che sta molto male e che non potrà venire con me il sabato successivo, io gli dico che va bene e non ci faccio proprio caso. Il sabato, siccome nella mia comitiva c’era un ragazzo gay, questo propone di andare in una disco gay ma di quelle dove possono andare tutti per divertirsi un po’, si decide e si va. Io mi sento come un pesce fuor d’acqua in quell’ambiente e non vado a ballare ma mi siedo un po’ defilata con due amici di vecchia data. A un certo punto ho l’impressione di vedere Marco sulla pista che balla con un altro ragazzo, le luci sono infernali ed è difficilissimo riconoscere le persone, ma in mezzo ai flash mi pare proprio che sia lui, resto sconvolta, ma non sono sicura e d’altra parte c’è troppa gente e troppo fumo per vedere bene tenendosi a distanza, e certamente non mi sarei mai avvicinata al punto di rischiare di essere riconosciuta. Dico ai miei amici che fa troppo caldo e che devo uscire un po’. La disco è praticamente in campagna e intorno c’è un grande parcheggio per i clienti. Esco, mi metto a girare nel parcheggio e la macchina di Marco sta lì. Mi sono sentita bollire di rabbia! Sono rientrata, ho detto ai miei amici che mi ero stufata e che me ne volevo andare e ce ne siamo andati tutti e quattro. Loro non avevano intuito nulla e non avevano assolutamente visto che Marco stava lì. L’indomani mattina Marco mi manda il solito sms di buongiorno, gli rispondo chiedendo come sta la zia e mi dice che “sta meglio”. Beh, non ci ho visto più! Gli ho risposto: “Ti ho visto dove sei stato veramente ieri sera. Sparisci dalla circolazione perché se mi compari davanti ti cavo gli occhi!” Lui nonostante tutto ha continuato a dire bugie e ad accusare me di omofobia! Io non gli ho più risposto e la storia è finita così. Non ti dico i casini a casa, ai miei non ho potuto raccontare quello che era successo, altrimenti sarei passata per stupida tutta la vita, quindi i miei hanno dato tutta la colpa a me perché: “era un bravissimo ragazzo, ecc. ecc.” Ecco questo è quello che ha fatto a me un ragazzo gay! Vediamo se tu hai il coraggio di pubblicare una mail simile! Comunque con ce l’ho con te, è ovvio, ma non immagini a che livello di viscido possa arrivare un gay che ti deve usare come donna dello schermo, è proprio un modo di fare odioso!”
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lunedì 9 ottobre 2017

GAY E PRETI GAY

Caro Project,
ho visto che ultimamente l’attività del forum è molto calata. Spero che tu abbia la possibilità di rispondermi perché sul tuo forum ho letto molte cose interessanti sui gay, cose molto diverse da quelle che avevo sentito per anni e che sento ancora oggi.
Ho 23 anni, sul fatto che sono gay non ho alcun dubbio, in pratica l’ho sempre saputo, non sapevo che quel mio modo di essere fosse l’omosessualità, di questo ho preso coscienza qualche anno fa, più o meno a 15 anni. Attualmente studio Ingegneria, gli studi vanno bene e non sono molto lontano  dalla laurea. Trovare lavoro sarà un problema, ma nel mio settore, per fortuna c’è poca gente e qualche possibilità esiste ancora, ma sono tutte cose che dovrò affrontare dopo.
Non sono pubblicamente dichiarato, anzi direi che non sono dichiarato affatto e questo mi condiziona un po’. In ogni caso non posso rischiare, né all’università, né a casa mia. All’università si parla solo di studio o di ragazze (ma poco), non ho mai sentito nulla di gay, nemmeno barzellette, l’argomento non esiste proprio, poi nel mio corso siamo veramente pochi, al massimo una quindicina, e non è l’ambiente giusto per trovarsi amici, anche perché tra noi la collaborazione è solo formale, anche se nessuno lo ammette esplicitamente, c’è una corsa a mettersi in evidenza e ognuno ha le sue mire non dichiarate ma evidenti, perché l’ambiente della nostra facoltà è molto legato all’industria e i professori sono in pratica un ottimo trampolino di lancio verso un lavoro di alto livello. Si studia molto, la facoltà è considerata ottima e lo è realmente, ma l’ambiente umano è concorrenziale e nella sostanza ben poco amichevole.
I miei genitori hanno meno di 55 anni, si sono sposati giovani. Ma con loro non ho molto dialogo. In pratica li tengo a distanza, quando capita l’occasione di parlare un po’ preferisco raccontare stupidaggini o cose dell’università delle quali in fondo non mi importa nulla. Non so se si siano mai fatti domande sul fatto che non ho mai avuto una ragazza, dato che i miei cosiddetti amici hanno tutti la ragazza. In ogni caso i miei non fanno domande. Da qualche frammento di telefonata tra mia madre e mia zia posso dedurre che secondo mia madre ho rinviato l’idea di farmi una ragazza a dopo la laurea, questo però significa che lei ha notato qualcosa di anomalo, ma non solo, significa anche che ne ha parlato con la sorella, il che mi dà veramente fastidio. Mio padre è un tipo un po’ diverso ma è succube di mia madre e, forse mi sbaglio, ma ho pensato che questo fatto sia una delle ragioni della mia omosessualità: io non voglio essere succube di nessuno. La dipendenza di mio padre da mia madre, secondo me, ha qualcosa di eccessivo, di patologico. Resta comunque il fatto che non ha senso provare a fare un discorso chiaro né con mio padre né con mia madre, quindi il problema non si pone proprio.
Ho passato le mie fasi di interesse per la pornografia, anche esagerato, ma poi l’interesse è calato. Più che di sesso avevo bisogno di un amico vero che mi somigliasse un po’, parlo di un amico gay, se poi non fosse rimasta solo amicizia sarebbe stato certamente meglio, ma non mi sembrava una cosa indispensabile. All’università non ci provo nemmeno, perché i rischi sono troppi e poi lì si recita come in teatro. Ho provato le chat, quelle un po’ hard ma erano veramente uno squallore.
dopo un po’, praticamente per caso, una domenica mattina ho accompagnato i miei genitori alla messa. Tempo fa, diciamo fino a tre anni fa, frequentavo gli ambienti della parrocchia e il clima mi era abbastanza familiare. I miei conoscono il parroco da anni e si sono messi a parlare con lui. Io mi sono seduto su un gradino ad aspettarli e ho visto un gruppetto di ragazzi che giocavano a pallone, più o meno una dozzina di ragazzi, ma non erano ragazzini, potevano avere più o meno la mia età. Uno di quei ragazzi ha attirato subito la mia attenzione, sorrideva, anzi rideva in modo molto diretto, era un bel ragazzo, alto, magro coi capelli castano chiaro, lisci, corti ma non cortissimi, per un attimo abbiamo incrociato gli sguardi e per me è stato come un fulmine. Aveva occhi bellissimi, sembrava proprio un ragazzo felice. Ma la cosa è finita lì, sono arrivati i miei e siamo andati a casa, ma io ho continuato a pensare a quel ragazzo. Poi è ricominciata la settimana di studio e ho finito per pensare ad altro.
La domenica successiva mi sono offerto io di accompagnare i miei genitori alla messa, proprio perché speravo di rivedere quel ragazzo. Finita la messa ho gettato uno sguardo nel cortile e il ragazzo c’era, stava seduto su un gradino a parlare con altri ragazzi, mi ha visto e mi ha fatto un cenno con la mano, io ho risposto allo sesso modo, evidentemente si ricordava di me. Poi sono andato via ed è passata un’altra settimana.
Insomma, io ho ripreso ad andare alla messa e dopo qualche settimana ho cominciato a scambiare anche qualche parola con quel ragazzo, che chiamerò Luca. Mi sentivo a mio agio, era molto diretto e nello stesso tempo non invadente e poi sorrideva. Abbiamo cominciato a salutarci con una stretta di mano, lui stringeva forte ed era una bella sensazione.
Una domenica, e non la dimenticherò mai, dovevamo andare in Umbria a casa di mia nonna e siamo andati a messa la mattina alle 7.00 alla prima messa e mi è preso quasi un infarto quando ho visto uscire dalla sacrestia Luca con i paramenti addosso, che veniva a dire messa. Luca è un prete, non lo avevo minimamente sospettato. In chiesa c’era poca gente e Luca ha fatto una breve predica che mi è rimasta in mente. L’idea di fondo era il non giudicare perché noi vediamo solo le apparenze e non il cuore delle persone. Quella predica, però, applicata a Luca, mi portava a chiedermi quale fosse l’apparenza e che cosa ci fosse nel suo cuore. Certo nel vedere che Luca era un prete ci sono rimasto scioccato. Ho continuato ad andare alla messa ma ho evitato di cercarlo. Alla fine è stato lui a cercare me.
Francamente temevo che mi cercasse per, diciamo così, ricondurmi all’ovile, ma non avevo l’impressione che la finalità fosse questa, piano piano, molto lentamente, è nata una vera amicizia, ovviamente mi guardavo bene dal raccontargli di me ma mi accorgevo che lui stava bene con me e cercava la mia compagnia. Lui viveva nella parrocchia, curava le attività coi ragazzi e il Parroco si fidava molto di lui ma lo teneva anche sotto controllo, mi ha detto che avrebbe voluto una sera andare a prendere una pizza con me ma che non poteva perché si sentiva controllato, ed era un discorso strano.
Un giorno mi chiama e mi dice che la nonna sta molto male e che deve andare a trovarla subito in un paese in provincia di Varese, mi chiede se sono disposto ad andare con lui fino a Milano. Io gli dico di sì e gli dico che lo avrei accompagnato in macchina, perché arrivare a Milano è facile ma arrivare da Milano al paese poteva essere molto difficile. Ho avvisato i miei e sono partito con Luca alle undici del mattino. Il viaggio era lungo e in macchina eravamo soli, e così è stato quasi inevitabile che si arrivasse a parlare del nostro privato. Lui non mi ha chiesto se avevo una ragazza. Io gli ho detto semplicemente: “bisogna che te lo dica: io sono gay.” E lui mi ha risposto: “anche io.” Poi è seguito un lungo silenzio.
Abbiamo parlato molto, mi ha raccontato della sua vita, mi ha raccontato che voleva fare qualcosa di buono e che non si è fatto prete per scappare a qualcosa ma per trovare qualcosa, mi ha detto che era felice, che in seminario ne aveva parlato col padre spirituale e che quello lo aveva incoraggiato ad andare avanti e a non lasciare la strada intrapresa. Mi ha detto anche che era molto contento di parlare con me e che per lui era come una liberazione, perché poteva essere se stesso come non gli era mai successo.
Mi sono guardato molto bene dal dire a Luca che mi ero innamorato di lui, perché lo avrei messo in gravi difficoltà, dentro di me non nego di aver provato qualche momento di amarezza e di essermi posto molte domande. Luca pensava veramente le cose che diceva o le diceva perché in qualche modo doveva dirle? Certo sembrava contento di essere prete e penso che lo fosse realmente, ma qualche volta anche avere un compagno di vita vicino può essere fondamentale, specialmente quando gli anni cominciano a passare.
Gli ho raccontato di me, praticamente tutto, omettendo solo il fatto che mi sono innamorato di lui e penso che anche lui mi abbia raccontato praticamente tutto di sé, omettendo il fatto che si è innamorato di me. Ma in una situazione simile che cosa si può fare?
Siamo arrivati a Varese la sera, non siamo andati al paese, perché la nonna era stata ricoverata in ospedale in città. Siamo andati a trovarla. Luca le ha portato la comunione, ma stava meglio e i dottori pensavano di dimetterla in pochi giorni. Dovevamo tornare indietro, mi sarebbe piaciuto fermarci in albergo per parlare un po’ e ripartire l’indomani mattina, ma ho finito per proporre io di partire subito perché non volevo metterlo in difficoltà. Siamo ripartiti.
Il viaggio è stato molto bello, sembravamo proprio una coppia gay, stavamo benissimo, ma in fondo avevamo scelto entrambi di omettere la cosa fondamentale e cioè quel “mi sono innamorato di te” che avrebbe potuto sconvolgere la le nostre vite. Ho guidato tutta la notte e la mattina presto Luca era di nuovo in parrocchia. Il parroco ha visto che siamo rientrati subito e ora si fida di me.
Ogni tanto, più o meno una volta al mese, vado a prendere una pizza con Luca. Certo la situazione è strana, ma lo vedo contento e la cosa allontana da me qualunque altro pensiero. Abbiamo anche parlato di cose gay, qualche volta, ma sempre in modo molto astratto e soprattutto non abbiamo mai parlato di noi.
È strana questa storia e posso dirti che tra le tante ipotesi che avevo fatto per il mio futuro questa proprio non l’avevo mai presa in considerazione. Adesso vado avanti così, mi basta vedere Luca sereno, anche se ho tanta paura che le cose possano cambiare da un momento all’altro.
Se vuoi, pubblica la mail (Ovviamente il paese non era in provincia di Varese!).
C. C.
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mercoledì 4 ottobre 2017

AFFETTIVITÀ E SESSUALITÀ NELLA VITA DI COPPIA GAY

Il sesso è ben lontano dal rappresentare di per sé il massimo valore nei rapporti umani, ma, nonostante tutto è considerato spesso un valore assoluto, cioè, in buona sostanza, viene mitizzato e pensato come indipendente da tutte quelle condizioni che lo rendono effettivamente gratificante. Il sesso di coppia presuppone che ci sia effettivamente una coppia, cioè che ci siano due persone che si vogliono bene e che hanno visioni del mondo e della stessa sessualità sostanzialmente compatibili. Troppo spesso il sesso di coppia è vissuto in modo individualistico, totalmente al di fuori di un qualsiasi rapporto affettivo, come se il sesso potesse sostituire un’affettività oggettivamente carente. Sento parlare con notevole frequenza di sesso vissuto solo come forma di godimento fisico e individuale staccato dall’affettività, tuttavia sono portato a pensare che, almeno alla lunga, il sesso inteso in questo modo sia sostanzialmente deprimente e frustrante. Nella sessualità non esistono standard e dire “gay”, di fatto, significa dire ben poco. Ciascun individuo ha la sua storia personale, i suoi condizionamenti, le sue fantasie e non è certo una cosa frequente che tra due individui si raggiunga un equilibrio veramente gratificante per entrambi.
Cerchiamo ora di prendere in considerazione gli elementi sintomatici di una crisi di coppia, ossia del venir meno del rapporto affettivo all’interno della coppia.
1) Nella vita di coppia, proprio per la presenza di un legame affettivo, la comunicazione dovrebbe essere completa: ciascuno dei due dovrebbe comunicare all’altro “senza filtri” quanto gli accade, ossia non solo i fatti oggettivi, ma anche le sue valutazioni personali connesse con quei fatti. La riservatezza è un valore tipico degli ambienti sociali in cui si assume un ruolo sociale, ossia in cui si è considerati per quello che si fa, per le proprie azioni, e non per quello che si pensa e che si è nel privato. Si dice comunemente che quando ci si innamora non si vedono i difetti dell’altro e lo si colloca in un’atmosfera quasi mistica. Con l’aumentare dell’età e con lo scorrere degli anni, la tendenza alla mitizzazione del partner, che è evidente nell’innamorato giovane, non sparisce, ma si consolida a livello affettivo. Questo si osserva chiaramente nelle coppie che presentano differenze di età non minime, in particolare da parte del partner più maturo, nei confronti del più giovane.
I prodromi di una embrionale crisi di coppia si possono individuare nel mutato atteggiamento verso il partner, che, progressivamente, non è più considerato miticamente, ma è visto con un atteggiamento sempre più critico. Va sottolineato che, molto spesso, il passaggio dalla mitizzazione alla demitizzazione non si manifesta all’esterno ed è, almeno all’inizio unilaterale. Il partner che vede svanire progressivamente la sua partecipazione affettiva, cerca di supplire ad una spontaneità sempre meno affettiva, con comportamenti volontari, assume cioè il ruolo dell’innamorato per dovere. In breve l’assenza di spontaneità da parte di uno dei due partner emerge, per esempio attraverso discorsi contraddittori e non univoci, che sono immediatamente rilevati come incoerenti dall’altro partner. In questo modo il calo del tono affettivo della coppia diventa bilaterale e si passa ad una fase successiva, cioè si passa dal contatto affettivo (coccole, anche solo verbali) ai discorsi e ai ragionamenti.
2) Nelle crisi di coppia ormai in stato avanzato, l’elemento dominante sono i discorsi, le puntualizzazioni, i chiarimenti. Non viene ancora meno il contatto sessuale, ma è un contatto in cui si rilevano le dissimmetrie, le incompatibilità, un contatto in cui si creano dei ruoli che via via si consolidano. C’è da una parte un partner dominante (o meglio aggressivo) che chiede e talvolta pretende chiarezza, che rileva le incoerenze del partner, che ricorda alla lettera le espressioni che il partner ha usato e gliene chiede puntigliosamente le motivazioni, e c’è dall’altra il partner remissivo, che accetta, o meglio subisce, perché in qualche modo vede già chiaramente il rapporto di coppia completamente finito e desidera uscirne al più presto, ma in modo tranquillo. Le incoerenze unilaterali sono frequenti anche nei rapporti di coppia stabili. Il cambiamento unilaterale dei toni all’interno di una coppia  stabile, anche se percepito, non è però interpretato come elemento critico e potenzialmente distruttivo, in presenza di una incipiente crisi di coppia, invece, le incoerenze e i cambiamenti di tono non soltanto vengono rilevati immediatamente ma producono la classica reazione aggressiva. Osservo, per inciso, che in alcune coppie, in cui l’asimmetria è molto forte, la caratterizzazione in termini di aggressività-remissività esiste anche quando la coppia non è in crisi. Il partner aggressivo rivendica la sua razionalità, il suo parlare chiaro, il suo aver ripetuto più volte gli stessi concetti e rimprovera al partner remissivo non solo la sua volubilità e la sua incoerenza al limite della finzione, ma anche un deliberato non voler tenere conto di quanto detto dal suo compagno. Lentamente, la fase dei discorsi si trasforma in un “presentare il conto”. Il partner aggressivo elenca i suoi meriti, omettendo però qualsiasi riferimento ai suoi demeriti e così facendo induce il partner remissivo a chiudersi progressivamente sempre di più in posizioni di difesa. Va sottolineato che la motivazione di fondo delle crisi di coppia sta nell’assenza di una vera esclusività, o almeno di una forte polarizzazione dell’affettività e talora anche della sessualità sulla coppia, e nel fatto che ciascuno dei due ha una sua vita strettamente personale, di cui il partner sa poco o nulla. Talvolta si tratta di infedeltà completamente nascoste da parte del partner aggressivo, in altri casi vengono date al partner remissivo solo delle sommarie indicazioni e si evitano ulteriori chiarimenti con frasi come: “Ma tu lo hai accettato!” oppure “Queste sono questioni mie private e non ne voglio parlare!”. Sottolineo che in alcuni casi il partner aggressivo dà per scontato che si possa mantenere un rapporto “solo sessuale” con il precedente partner, anche in presenza di un rapporto affettivo importante con un altro. Di fronte a questi comportamenti che sono di per sé distruttivi della vita di coppia, perché la cosiddetta coppia aperta è un concetto fortemente ambiguo e contraddittorio, il partner remissivo dovrebbe arrivare alle ovvie conclusioni, cioè a prendere atto che il rapporto non esiste più, ma in genere questo non accade e il partner remissivo finisce per accettare situazioni paradossali nella ipotetica quanto irrealistica speranza che le cose tornino come prima. Queste situazioni di compromesso instabile possono durare anni ed essere effettivamente distruttive, perché gli atteggiamenti rivendicativi possono trasformare ciò che è stato un rapporto d’amore in astio e in radicale svalutazione dell’altro.
3) Accade talvolta che uno dei due partner chieda all’altro “un momento di riflessione”, cioè una pausa, una interruzione dei rapporti di coppia. Le modalità possono essere le più varie, dal non sentirsi per qualche settimana al sentirsi saltuariamente, senza incontrarsi, nonostante l’interruzione. La “pausa di riflessione” serve per riconsiderare il rapporto con un certo distacco, a capire fino a che punto è importante e anche per tentare altre strade e operare confronti tra le diverse opzioni possibili. La pausa di riflessione non porta necessariamente alla rottura del rapporto di coppia, serve invece come verifica dell’esistenza dei presupporti di quel rapporto. In questo caso il parametro fondamentale è il tempo: più la pausa di riflessione si allunga minore è la probabilità che la vita di coppia riprenda. In genere le coppie molto legate interrompono la pausa di riflessione anche prima del periodo stabilito. Se questo accade, o se il periodo stabilito è relativamente breve (al massimo un mese), e dopo la pausa di riflessione il rapporto di coppia riprende, in genere le motivazioni affettive ne risultano rafforzate. Se invece i tempi si allungano a due mesi o anche più, è molto probabile che l’affettività alla base della coppia fosse fin dall’inizio superficiale e che la scelta di costituire una coppia fosse molto affrettata o fosse determinata da fattori esterni.
Vorrei fermarmi su un concetto molto importante: “la partecipazione affettiva non si può fingere, quella sessuale sì”. È proprio  per questo che molte coppie oggettivamente in crisi per carenza di affettività, continuano ad esistere: la sessualità è chiamata a supplire alla mancanza di affettività e per qualche tempo può sembrare che le cose possano funzionare anche così, ma la debolezza del rapporto affettivo di base non può essere coperta per molto tempo dal perdurare di un interesse sessuale, perché il sesso senza amore smette di essere un’esperienza di contatto umano profondo e diventa fonte di insoddisfazione e di frustrazione. Alla base di tutto questo c’è l’idea cui ho fatto cenno all’inizio: l’amore e il sesso sono una cosa diversa.
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